Il Molise

Castel San Vincenzo

By 14 Settembre 2007 Dicembre 22nd, 2007 2 Comments

da Franco Valente, Luoghi antichi della provincia di Isernia, Bari 2003

(Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons)

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Il giorno di San Lorenzo di ogni anno l’abate di Montecassino viene a San Vincenzo al Volturno e, poco prima del tramonto, si reca alla cripta di Epifanio. Indossa i paramenti sacri e, insieme ai suoi monaci, dopo aver pregato presso l’immagine di Maria Assunta in Cielo, la più antica al mondo, si avvia in processione verso la grande basilica del monastero. La cripta è un luogo straordinario. Epifanio la fece realizzare quando era abate di San Vincenzo, tra l’824 e l’842, dedicandola alla Madonna ed ai santi Lorenzo e Stefano. Oggi non è facile entrarvi, ma spesso giovani studenti accompagnano turisti che rimangono incantati di fronte ad uno dei cicli di affreschi più importanti al mondo. Le pitture sono di difficile interpretazione per la grande quantità di significati che vi si nascon­dono.

Il tema fondamentale è la Resurrezione dei corpi mediante il sacrificio di Cristo, ri­ve­lata nell’Apocalisse di San Giovanni. Il tema è introdotto dalla raffigurazione di Santa Anastasia che richiama l’Ana­sta­sis (Resurrezione) e viene esplicitato con la teo­ria delle Sante Martiri e con i Santi Lorenzo e Stefano, durante il martirio da una parte e nella gloria di Dio dall’altra.

Il momento che anticipa l’apertura del settimo sigillo apo­calittico è sintetizzato negli Arcangeli che trattengono i venti, per ordine dell’Angelo che possiede il Sigillo del Dio Vivente, sovrastati dalla Madonna Imperatrice, Madre di Dio. Sulla parete opposta l’Annunciazione e la Natività, con le levatrici Salome e Zelomi, richiamano il miste­ro della Verginità della Madre di Dio, prima e dopo il parto, e con­fermano il ruolo di Maria, rappresentata nei panni di una Regina in un clipeo stellato. Il momento drammatico della Crocifissione, su cui piange Gerusalemme con il capo cinto da una corona turrita, vede presente insieme alla Madonna e San Giovan­ni, anche l’abate Epifanio. Il sepolcro scoperchiato dall’Angelo e l’immagine del Cri­sto risorto insieme a Lorenzo e Stefano, riconducono fisi­camente all’unica fonte di luce della cripta, dove la lu­mi­nosità naturale si confonde con la mano dell’Eterno che, squarciando le tenebre, è l’elemento ispiratore di tutta la Rivelazione. Viene poi spiegato in termini architettonici e spaziali, ma soprattutto luminosi, la doppia natura di Cristo: quella divina e quella umana. La posizione particolare del Cristo della Verità Rivelata, infatti, va giudicata in funzione di due direttrici che si in­crociano. Da una parte quella divina, della Luce che si identifica con l’Eterno e coincide con l’asse lon­gitudinale della cripta, e dall’altra quella umana, di Cristo che è figlio di Maria e co­incide con l’asse trasversale dove compare la Madonna assisa al centro del cielo e la Ma­donna terrena che riceve l’annunzio dall’Angelo Gabriele. In questo straordinario contesto Epifanio si fa ritrarre nell’unica scena dove sono contemporaneamente Cristo, la Madonna e, soprattutto, San Giovanni. Si tratta per Epifanio di una ve­ra e propria trasposizione temporale al momento che pre­cede immediatamente la morte di Cristo, quando questi pronuncia le ultime parole: “Madre ecco tuo figlio, figlio ecco tua madre”. Epifanio qui si identifica in San Giovanni, cioè in colui che ebbe la capacità di comprendere le Rivelazioni divine. La Cripta è perciò un ambiente che significativamente si propone di annullare il tempo, unificando in un solo attimo (quello che precede il Giudizio Finale) i mo­menti fonda­mentali della storia della Cristianità, di cui fa parte anche l’esistenza terrena di Epifanio e della sua co­munità mona­stica, che vuole essere fisicamente presente nell’attimo che anticipa il Giudizio Finale e la Resurrezione dei Giusti. Solo dal punto della sepoltura di Epifanio, dentro la cripta, si scoprirà la po­tenza espressiva ed il senso globale delle pitture. Le velature della morte risultano squarciate dalle visioni profetiche sulla immortalità dell’anima simboleggiate dalle due aquile poste in posizione assiale. Subito sopra si stende la sezione della terra sulla quale la vita comincia a germo­gliare con la figurazione dei papaveri. I quattro arcangeli costituiscono i pilastri del firmamento su cui campeggia con il suo potere imperiale la Madonna madre di Dio. Al disotto di essa, proprio di fronte alla sepoltura di Epifanio, il clipeo imperiale evidenzia l’arrivo dell’Angelo-Cristo Ven­dicatore con il Sigillo del Dio Vivente, mentre a destra e sinistra si sviluppa la teoria dei Santi Martiri. Infine, pro­prio sulla testa del sepolto, diviene dominante la figura del Cristo che lo guarda dall’alto mentre tiene aperto il libro della Rivelazione. In quel luogo Epifanio, prima di farsi seppellire, aveva la possibilità di anticipare la visione finale del Giudizio, ponendosi in prima fila nell’attesa del ricon­giungimento delle spoglie terrene alla sua anima.

Fuori della cripta si estende tutta l’area dell’antico monastero di S. Vincenzo, compresa la grandiosa basilica costruita dall’abate Josue all’inizio del IX secolo. Il luogo ha una suggestione speciale (nonostante i dilettanteschi restauri della Soprintendenza di Campobasso che ha considerato questo luogo una sorta di campo sperimentale) ed ancora si avverte, nell’esaminare ciò che rimane della terra bruciata, il ricordo dei cinquecento monaci trucidati dai Saraceni il 10 ottobre dell’881. Dall’altra parte del fiume il monastero post-millenario. Una comunità di monache americane, che ne tiene la cura pregando nella grande basilica parzialmente ricostruita dal monaco-ingegnere Angelo Pantoni e lavorando nei campi e nei laboratori del monastero, fa di questo luogo una delle mete più ricercate del Molise da chi cerca pace e tranquillità.

Il paese di Castel S. Vincenzo è a quasi quattro chilometri e vale la pena andarvi per godere un magnifico panorama sull’omonimo lago artificiale nel quale si specchiano le Mainarde. Una passeggiata nella parte antica farà capire che essa è frutto dell’aggregazione di due distinti nuclei urbani: Castellone e S. Vincenzo.

Purtroppo un enorme pachiderma di acciaio e cristallo, che sarebbe dovuto essere il Museo Archeologico di S. Vincenzo, ha completato il disastro ambientale che già era stato avviato con la costruzione di un albergone fallito prima di aprire. E’ uno dei tanti esempi di demagogico sperpero di denaro pubblico che certamente non ha portato e non porterà alcun beneficio alla comunità locale.

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  • andrea dalessandro ha detto:

    oggi ho visto per la prima volta castel san vincenzo ne sono rimasto colpito per la sua bellezza ed accoglienza,e’ stato amore a prima vista, sono andato a visitare l’abbazia e complimenti per la manutenzione, l’unica pecca e’quel traliccio che sta all’entrata, lo taglierei con piacere,con tanti posti proprio li lo dovevano piazzare????? anche la sorgente del volturno e’ stupenda,anche li pero’ e tutto recintato,come se il fiume fosse della compagnia elettrica invece che dei cittadini……..
    Un saluto Andrea
    p.s.
    aiutatemi a trovare una casa in affitto ad un prezzo normale a castel san vincenzo.
    ciao

  • Thalia ha detto:

    Sarebbe bello vederla, ma purtroppo a me piace molto di più l’architettura e l’arte che non ha niente a che fare con la religione cristiana. Io credo solo nella religione che avevano nell’Antica Grecia. Molto meglio averne tanti di dei che ti ascoltano che averne uso solo che ti fa capitare tutte le disgrazie possibili e immaginabili.

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