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S. Pietro Celestino e S. Filippo Neri in un quadro di Giuseppe Castellano a Faifoli

By 5 Ottobre 2009 Maggio 17th, 2016 2 Comments

S. Pietro Celestino e S. Filippo Neri in un quadro di Giuseppe Castellano a Faifoli

Franco Valente

CastellanoFAIFOLI

Nella basilica di S. Maria di Faifoli si conserva un quadro molto particolare.

Non è difficile saperne l’autore perché è tra quelle opere in cui si conosce in maniera precisa il nome dell’artista e l’anno di esecuzione. Il pittore è Giuseppe Castellano, napoletano, e l’anno di esecuzione è il 1705.

CastellanoBLOG
Joseph Castellano Neapolitanus P(inxit) 1705, con lo stemma dell’abate F. A. Finy

Osservando la tela possiamo ricavare anche il nome del committente materiale dell’opera, l’abate commendatario di Faifoli, Francesco Antonio Finy (valido collaboratore del cardinale Orsini che portò a Roma dopo la sua elezione al soglio papale)  che si fece ricordare semplicemente con lo stemma di famiglia apposto a lato della firma del pittore. Finy morì a Napoli il 5 aprile 1743 (sepolto nella chiesa dei Gesuiti) dopo essere stato nominato progressivamente arcivescovo di Damasco, S. Maria in Via, S. Sisto, S. Maria in Trastevere e S. Pietro in Vincoli.
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Benedetto XIII e Francesco Antonio Finy in un affresco di Pier Leone Ghezzi a Torreinpietra
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Il suo stemma era uno scudo d’azzurro con un leone rampante di rosso in direzione della rosa orsiniana posta nell’angolo di destra in alto (sinistra guardando).

fini
Francesco Antonio Finy

Altrettanto facile è l’identificazione dei soggetti rappresentati.

Al centro la Madonna con il Bambino che regge il giglio che richiama la sua verginità.

Anche i santi sono facilmente riconoscibili.

In alto a sinistra un anziano monaco con le mani giunte è San Benedetto il cui abbaziato è simboleggiato da un pastorale vescovile che viene mantenuto da un putto che sta al suo fianco.

In basso S. Domenico, vestito della solita tunica bianca ed il mantello nero, regge il giglio della purezza ed il libro della regola. Ai suoi piedi, il cane che regge nella bocca la fiaccola è il ricordo della visione della madre che, quando ne aspettava la nascita, sognò di stare per partorire un cane con una fiaccola che profeticamente anticipava la forza della sua predicazione e nello stesso tempo gli attribuiva la fedeltà a Cristo giocando sul nome dell’ordine che ne sarebbe derivato con il nome di “dominicani” ovvero “Domini-canes”, i cani del Signore.

Part.Castellano

A destra in alto una esplicita allegoria della figura di Pietro da Morrone che è rappresentato con un pesante mantello di benedettino, con cocolla, dal quale fuoriesce la manica del saio bianco che egli impose alla sua congregazione, con il capo coperto da un camauro, il copricapo di velluto rosso bordato di ermellino, mentre si appoggia  con la sinistra ad un pastorale con la croce del triregno papale. In basso si intravvede un angelo che regge la tiara papale con le tre corone da lui deposta.

Grande importanza assume il personaggio centrale che si appresta a baciare il piede del Bambino. E’ un anziano sacerdote che è vestito di una pianeta dorata su un camice bianco ed un manipolo anch’esso dorato al braccio sinistro.

Il cappello cardinalizio buttato a terra e mantenuto dai piedi di un putto è il chiaro simbolo di una rinuncia al titolo di cardinale con evidente riferimento a S. Filippo Neri.

E’ ampiamente noto che la scelta dei santi in una composizione pittorica, a prescindere dalle capacità e dalle qualità dell’artista, risponde a una serie di considerazioni iconologiche che sono collegate sempre a particolari circostanze spesso condizionate da necessità cultuali oppure da particolari avvenimenti che hanno interessato il committente o i committenti.

Il primo documento che ci viene incontro per decifrare i significati del quadro si trova proprio nella piccola basilica ed è costituito dalla lapide che fu apposta al suo interno in occasione di una delle tante riconsacrazioni della chiesa.

EpigrafeFAIFOLI

Vi si legge:
ECCLESIAM HANC A.D. MDCCV . DIE V . IVLY IN HONOREM
SS. VIRGINIS AC MATRIS DEI MARIAE, VNA CVM IPSIVS ARA IN HONOREM
EIVSDEM SS. VIRGINIS AC SS. PETRI CAELESTINI PONTIF. BENEDICTI,
DOMINICI ET PHILIPPI NERY CONFF. SOLEMNITER DEDICANS
SACRAVIT FR. VINCENTVS MARIA ORD. PRAED. EPVS TVSCVLANVS
CARD. VRSINVS ARCHIEPVS IN DIE ANNIVERSARIO CONSEGRATIONIS
HVIVSMODIQVAE ERIT DOMINICA VIII . DEDICATIONIS BASILICAE
METROPOLITANAE, CAETERISQVE FESTIS B. V. M., AC
PRAEDICTORVM SANCTORVM, CENTVM
INDVLGENTIAE DIES PERPETVO CONCESSIT

FaifInterno

L’epigrafe, dunque, conferma che la scelta dei santi sia frutto di una precisa decisione che, per una serie di considerazioni, deve essere ricondotta proprio alla figura dell’arcivescovo Vincenzo Maria Orsini che venne da Benevento a consacrare il 5 luglio 1705 di nuovo l’antico edificio a conclusione di una serie di lavori di restauro che nella sostanza cancellarono alla vista molti degli elementi architettonici originali.

Diversamente da quanto aveva fatto due settimane prima, quando si era recato nella chiesa di S. Pietro a S. Angelo Limosano dove il 22 giugno aveva consacrato l’altare esclusivamente alla memoria di Pietro Celestino, come ancora ricorda la lapide che si conserva al suo interno.

consSAngelo
La dedicazione dell’altare a Pietro Celestino nella chiesa di S. Angelo Limosano, suo luogo di nascita

Ma vediamo il perché dei santi Benedetto, Domenico, Pietro Celestino e Filippo Neri nella tela.

Sulla scelta di S. Benedetto vi è poco da ragionare. S. Maria di Faifoli era un monastero benedettino e la figura del santo patriarca non poteva certamente essere esclusa.

Ugualmente per l’immagine di Pietro Celestino che in questo monastero prese i voti e in questo monastero esercitò la funzione di abate.

L’immagine di S. Domenico è altrettanto scontata perché, come ribadisce l’epigrafe dedicatoria, Vincenzo Maria Orsini veniva dall’ordine dei Predicatori, ovvero dei Domenicani. Peraltro, pur essendo domenicano, la sua particolare devozione per S. Benedetto fu confermata nel 1724, al momento in cui, eletto papa, scelse il nome di Benedetto XIII.

In ultimo S. Filippo Neri.

Per capirne la presenza dobbiamo fare un passo indietro e spostarci a Benevento.

PLGhezzi.ph.F.Valente
Pier Leone Ghezzi. Vincenzo Maria Orsini miracolato da S. Filippo Neri durante il terremoto del 1688 a Benevento

Vincenzo Maria Orsini, cardinale e vescovo di Cesena, nel 1686 fu destinato a reggere la diocesi di Benevento.

Due anni dopo, in quella città si verificò un catastrofico terremoto che vide il suo vescovo successivamente impegnato in una straordinaria opera per la ricostruzione della chiese della diocesi.

Fu in occasione di quel terremoto che avvenne qualcosa che spiega la presenza di S. Filippo Neri nel quadro di Faifoli.

In un documento scritto di suo pugno all’indomani del terremoto del 1688 così si legge:
I miei familiari mi dicono, che Io sia stato sotto le rovine per lo spazio di un’ora, o di un’ora, e mezza, ma à me per nuova grazia non parve d’esservi dimorato, che per lo spazio d’un quarto d’ora, venne intanto il Padre Lettore Buonaccorti del mio ordine, chiamandomi sopra quei mucchi di sassi ed Io l’udii subbito, ed egli sentì la mia voce, benché non distinguesse le mie parole ed insieme col signor canonico Paolo Farella cominciarono a diseppelirmi, ed appresso sopraggiunsero due altri, coll’aiuto de’ quali mi cavarono de’ sassi…. Diseppelllito che fui il detto Signor Canonico mi trovò sotto il capo l’accennata immagine del mio santo avvocato.
(Vincenzo Maria Orsini. Narrazioni de’ prodigi operati dal glorioso S. Filippo Neri nella persona dell’E.mo Sig. Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento, in occasione, che rimase sotto le rovine delle sue stanze nel tremoto, che distrusse quella città ‘a 5 Giugno 1688).

Il vescovo-cardinale Orsini nel 1697 volle ricordare l’episodio affidandosi alla mano di Giuseppe Castellano per un quadro  (oggi scomparso) da porre nella cappella dell’episcopio  beneventano dedicata nel 1692 a S. Filippo  Neri. Dunque la scelta del pittore Giuseppe Castellano per eseguire la tela di Faifoli non fu casuale.

Di questo importante artista napoletano nel Molise abbiamo almeno un’altra opera, come quella che gli viene attribuita e che si trova nella chiesa di S. Nicola a Gambatesa, ugualmente voluta dal cardinale Orsini che ne confermò la committenza apponendovi il suo stemma.

FaifoliEsterno

Bibliografia essenziale
G. DE CARO, Benedetto XIII, in Dizionario Biografico degli Italiani e in Enciclopedia dei Papi.
A. ZAZO, Benedetto XIII , 1973.
A.CASINO, Papa Benedetto XIII degli Orsini di Gravina, 2000.
R. DI GIROLAMO, La produzione artistica del pittore Giuseppe Castellano al seguito di Papa Benedetto XIII, 2003.
F. PECE, Il Molise di Celestino V, 2005

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