Antichità romane

Il teatro romano di Sepino

By 23 Luglio 2008 Dicembre 14th, 2011 7 Comments

 

 

 

Il teatro romano di Sepino

Franco Valente

(Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons)
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La città di Sepino (che nel medioevo fu chiamata Altilia) era stata originata dalla necessità di avere un punto di sosta attrezzato (presenza di una sorgente all’incrocio con altre direttrici utilizzate per la transumanza) sull’asse di tratturo compreso tra Boiano e Benevento, certamente il più importante della dorsale appenninica.
La città romana che conosciamo oggi rappresenta l’ultimo strato di una serie di interventi sovrapposti dei quali i più antichi sono almeno del III secolo a. C..Il fatto che, nonostante la rigida applicazione dei canoni urbanistici romani, i due assi maggiori non siano ortogonali tra loro conferma, inoltre, che il disegno urbano sia stato condizionato dalla presenza sul tratturo di un asse trasversale, funzionale al sistema dei collegamenti di epoca sannitica. Cosicché la realizzazione della cinta muraria tra il 2 a.C. ed il 4 d.C. non fu altro che una definitiva consacrazione della conquista romana che andava così a definirsi con un intervento che doveva rispondere ad un rigoroso principio ideologico.Tutta l’organizzazione degli spazi urbani assunse i caratteri della romanità e ogni elemento si pose come veicolo della propaganda imperiale.Da quel momento in poi chiunque fosse passato per Sepino avrebbe avvertito la presenza di Roma e nessuno avrebbe potuto vivere nella città senza sentirsi come parte del mondo romano. Ed è in epoca imperiale che viene costruito il teatro.

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La “damnatio memoriae” del Ministero per i Beni Culturali ed i motivi di una mia polemica.

Negli anni Settanta del secolo scorso, prima di avviare lo scavo dell’orchestra e della gradinata che oggi si vedono, la situazione era del tutto diversa perché le case rurali che ripetono la forma semicircolare del perimetro teatrale ancora limitavano un’aia a servizio delle varie famiglie che la possedevano.

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Il rilievo di Giuseppe Bernacchi, Giorgio Vasta e Franco Valente
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Erano i tempi in cui le sovrapposizioni architettoniche alle strutture romane venivano definite genericamente superfetazioni e in genere si passava alla loro demolizione. Così si era cominciato a fare anche per le case del teatro di Sepino. Nell’ambito del corso di Restauro dei Monumenti del prof. Gaetano Miarelli-Mariani di Roma ebbi modo di seguire due studenti, Giuseppe Bernacchi e Giorgio Vasta, che elaborarono una proposta che allora sembrò quasi sovversiva ma che trovò felice accoglienza presso la Soprintendenza ai Monumenti del Molise, tanto che il soprintendente Adriano La Regina scriveva: … meritevole di particolare menzione è il contributo che l’arch. Valente ha dato alla Soprintendenza guidando una equipe di studenti universitari nel rilievo di due singolari Monumenti romani (il teatro di Sepino e l’anfiteatro di Venafro) con pittoresche sovrastrutture seicentesche, notevoli sotto il profilo ambientale, ove l’attenta e minuziosa analisi del rilievo architettonico condotto anche secondo le esigenze della metodologia archeologica, è seguita da proposte di conservazione e di restauro basate sul più scrupoloso rispetto di ogni fase cronologica intesa come testimonianza di un momento storico (31 ottobre 1974).

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Successivamente del progetto si appropriarono altri con un tentativo di cancellare dalla memoria storica i nomi di coloro che in maniera originale avevano immaginato una soluzione architettonica che fa del teatro di Sepino una dei più originali e gradevoli interventi di restauro nel campo archeologico che allora sembrò rivoluzionario ma che oggi è divenuto quasi una regola.
Rimane l’amarezza per la modestia culturale dei rappresentanti locali del Ministero che, per un malcelato complesso di inferiorità, continuano a tenere nascosti i nomi degli autori del progetto di restauro: Giuseppe Bernacchi, Giorgio Vasta e Franco Valente.

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Le case del teatro di Sepino prima dello scavo e dei restauri

Il teatro di Sepino
Situato nel quadrante settentrionale che viene a formarsi dall’incrocio dei due assi stradali urbani principali, il teatro è addossato con la sua cavea al tratto di muro di cinta del lato nord-occidentale, in prossimità dell’angolo che essa forma con il tratto nord-orientale.
La parte superiore della cavea, addirittura appoggia sulla struttura muraria urbana, mentre l’ima cavea è scavata nel terreno.
Della parte più bassa della gradinata sono integralmente sopravvissuti nove ordini di gradini e l’intero piano lastricato dell’orchestra.
La cavea era divisa almeno in tre sezioni corrispondenti all’ima, media e summa cavea rigorosamente separati dalle praecinsiones, veri propri corridoi semicircolari che facilitavano il raggiungimento dei sedili da parte degli spettatori.

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Radialmente l’intera cavea è ripartita in 4 settori separati da 5 file di gradini di collegamento (klimates).
Sotto le gradinate correvano due ambulacri semianulari, intercomunicanti attraverso tre porte.
L’ambulacro più interno è in gran parte distrutto: alcune strutture di esso sono state utilizzate come base delle costruzioni sovrapposte.
L’ambulacro esterno, invece, è ben conservato. Su di esso, coperto all’origine e sovrastato da una parte della summa cavea, si innestano tre accessi: due corrispondenti ai poderosi tetrapili che consentono di accedere anche al piano dell’ima cavea ve dell’orchestra, il terzo, in posizione non perfettamente intermedia, in corrispondenza di un varco creato nella cinta muraria.
Questo ingresso, direttamente collegato all’esterno della città, rappresenta una peculiarità inconsueta nel panorama delle strutture teatrali romane, come d’altra parte la collocazione dello stesso teatro rispetto all’impianto urbano.

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I tetrapili rappresentano l’elemento strutturale ed architettonico più rilevante del complesso. sono costituiti da elementi lapidei in calcare locale compatto come tutti gli altri elementi costruttivi dell’edificio.
Presentano pianta trapezoidale, essendo disposti a proseguire le pareti curve dell’ambulacro, ed i lati tendono ad allinearsi sui raggi del semicerchio con la conseguenza che i pilastri esterni sono sensibilmente maggiori di quelli interni. Accanto ad essi non vi è traccia di pavimentazione. I pilastri sono costituiti da blocchi lapidei rettangolari aggregati senza l’uso di malte cementizie. I blocchi che compongono gli archi sorretti dai pilastri mostrano un pronunziato bugnato rustico sulle facce esterne.
In corrispondenza dell’asse maggiore del secondo ingresso interno è un’apertura di cui si vede solo lo spigolo sinistro e che deve ritenersi l’accesso all’orchestra o ad un secondo ambulacro sottoposto alle gradinate. Il sistema costruttivo della parete interna dell’ambulacro è identico a quello del muro perimetrale e così pure il paramento.
Da uno dei pilastri interni del tetrapilo parte una parete verso l’orchestra spessa un metro e trenta centimetri ce si interrompe a un metro e ottanta dal suo inizio per dare la forma ad una porta il cui spigolo opposto è costituito da un muro spesso due metri e settanta che sembra essere diretto verso l’orchestra.
Su di esso, all’altezza della cornice del tetrapilo si osservano le tracce dell’imposta di un arco che doveva limitare una porta.
Dall’alto medioevo ai nostri giorni si è formato sul teatro di Sepino, come in altri teatri ed anfiteatri d’Italia, un complesso di edifici che, sfruttando la parete interna dell’ambulacro perimetrale come fondazione, si sono sviluppati in forma di semicerchio.
Dalla lettura di una pianta conservata nella Biblioteca Provinciale Pasquale Albino di Campobasso risulta che alla metà dell’800 esisteva, come oggi, già una casa impiantata proprio sulla scena, un edificio sul tetrapilo occidentale (ancora esistente) e, staccata da quest’ultimo, una serie di tre case unite a schiera. Mancava la casa che univa queste ultime tre con la casa impostata sul tetrapilo nonché una piccola costruzione sull’altro tetrapilo che è stata demolita durante la campagna di scavi del 1950 per liberare il tetrapilo su cui poggiava.
Dagli edifici posti a schiera partono due avancorpi: di uno di questi si conosce la data di costruzione grazie ad una iscrizione fatta su una piccola stele funeraria romana incastrata nel mezzo del muro del fronte sporgente a due metri di altezza che dice D.O.M. C.M.F. A.D. 1770 per ricordare che in quel periodo il complesso di edifici apparteneva alla famiglia di C. MAGLIERI.
Il secondo avancorpo risulta realizzato in due momenti diversi, uno dei quali poco più di mezzo secolo fa.
Questi edifici nel loro complesso costituiscono oggi un insieme particolarmente originale dove è possibile leggere sia l’impianto originale del teatro romano che la sovrapposizione sei-settecentesca che dell’edificio originario conservava solo l’impianto.
L’attuale forma in realtà è una sorta di sintesi storica di due forme che sono sono mai esistite contemporaneamente anche se l’una è stata fortemente condizionata dall’altra.
Il risultato dell’intervento di restauro, in altri termini, ha determinato la nascita di un terzo monumento che è la sintesi culturale di due momenti storici sostanzialmente ed ideologicamente diversi.
I lavori di restauro iniziarono per il teatro nel 1950 sotto la direzione del prof. Cianfarani della Soprintendenza di Abruzzo, da cui il Molise dipendeva. Questi operò i primi importanti scavi dell’ambulacro esterno che egli osservò essere mirabilmente conservato e che nella sostanza non ebbe bisogno di particolari restauri se non la semplice ripulitura.
Diversamente fu deciso per l’edificio che si sovrapponeva al tetrapilo orientale che fu interamente demolito per liberare la sottostante struttura lapidea.
Cinfarani opportunamente fece eseguire anche un saggio-trincea nella parte libera dell’aia accertando la sopravvivenza di nove ordini di sedili e il piano lastricato dell’orchestra.
Le considerazioni che Cianfarani faceva sul complesso fanno capire anche la difficoltà culturale ad adottare un criterio di restauro che non fosse in liea con la tradizione archeologica passata. Sebbene consapevole della importanza delle sovrastrutture, l’orientamento fu quello di procedere ad una demolizione delle sovrastrutture che non fu portata a compimento solo per la difficoltà burocratica di acquisire gli immobili privati e metter fuori le famiglie che ancora vi abitavano.
Così scriveva Cianfarani: Sulle strutture del monumento si è sovrapposto dall’età di mezzo ai nostri giorni un complesso di case estremamente pittoresco: esso se potrà essere conservato in qualche suo elemento sarà sacrificato come ambiente.
Non pochi problemi di carattere metodologico, dunque, si ponevano per decidere quale tipo di restauro effettuare. Si scelse la via indicata dalla Carta del Restauro Italiana del 1931: Che siano conservati tutti gli elementi aventi un carattere d’arte o di storico ricordo a qualunque tempo appartengono senza che il desiderio dell’unità stilistica e del ritorno alla primitiva forma intervenga ad escludere a detrimento di altri...

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A questo si aggiunga quanto dice la Carta di Venezia del 1964: La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata, quanto l’ambiente urbano e paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di una evoluzione significativa o di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che con il tempo abbiano acquisito un significato culturale.

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Join the discussion 7 Comments

  • Marialetizia ha detto:

    Ho letto il brano sul teatro di Sepino e con grande piacere ho appreso informazioni in più!
    Grazie,Marialetizia.

  • Gino ha detto:

    Sono un sannita, ma grazie al suo sito sto conoscendo la storia della nostra terra. DirLe grazie e’ troppo poco

  • Antonio D'Ambrosio ha detto:

    Complimenti, come sempre preciso ed innovativo nel valorizzare i nostri siti archeologici e culturali.Un abbraccio Antonio D’Ambrosio

  • Cecilia-Giovanni ha detto:

    Grazie le sue informazioni sono state davvero preziose, per l’esame di storia del teatro che stiamo preparando.

  • Antonello Buccella ha detto:

    Il tuo commento…

    Davvero un blog interessante, ricco di informazioni storiche e archeologiche . . . mi auguro che di iniziative come questa, ce ne siano sempre di più, perchè forse sono il solo modo per contribuire a sensibilizzare, a far conoscere e a valorizzare luoghi unici ed importanti come Saepinum e i favolosi resti del suo teatro romano . . .

  • Matte0 ha detto:

    Il tuo cI resti della città di Sepino, antico punto di scambio in epoca imperiale, convivono con le vite del presente in un paesaggio magico e senza tempo.
    Uno dei siti archeologici più belli d’Italia e di cui abbiamo parlato sul nostro sito/blog:
    http://www.italianguidebook.com
    Ciao

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