Il Molise

Colli a Volturno

By 14 Settembre 2007 Dicembre 22nd, 2007 2 Comments

da Franco Valente, Luoghi antichi della provincia di Isernia, Bari 2003

(Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons)

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Accade che, pur rimanendo estasiati di fronte al­la monumentale emergenza delle Mainarde, o pur fer­mandosi ad osservare la straordinaria dominanza di roc­che e castelli che da secoli si affacciano a controllare la valle, o affascinati dal mutare dei colori del Volturno nelle varie stagioni quando alle acque scure e limacciose dell’autunno si sostituiscono quelle cristalline, ricche di pre­ziose sfumature, dell’inverno e della primavera, non si ab­bia la possibilità di comprendere fino in fondo quale sia stato il rapporto e quali siano i significati determinati dalla presenza dell’uomo attraverso i millenni.

Un confine di proprietà, un tracciato stradale, una chiesa, una cinta muraria, o dei blocchi di pietra sistemati in un particolare modo, nonché i nomi dei luoghi che per tradizione orale vengono tramandati, sono elementi utilis­simi per ricostruire vicende che molto spesso neanche i libri di storia riportano.

Colli a Volturno, per esempio, deve la sua esistenza a due circostanze particolari: da una parte la catena delle Mainarde, insuperabile agevolmente per chi dal Lazio doveva spostarsi verso la Puglia, dall’altra la conformazione della valle del Volturno che proprio presso il nucleo abitato di Colli presenta il massimo restringimento. Si seguiva una via che oggi ancora si chiama romana. Secondo alcuni il nome le deriva dai conquistatori romani. Io non escluderei, invece, un riferimento alle guarnigioni di arimanni (come nel caso, sicuramente riferibile ad essi, della cosiddetta romana di Isernia, che in epoca normanna si chiamava armannum).

Nella parte alta di Monte S. Paolo, là dove la singo­lare conformazione orografica determina un lago stagio­nale che d’estate si trasforma in un pascolo verdeggiante, tra la boscaglia, si nasconde una muratura che chiude l’apice della montagna formando una fortificazione che sicuramente le popolazioni del Sannio fecero almeno nel VI secolo prima di Cristo. La conquista romana apportò definitivi cambiamenti nella struttura economica del territorio per la capillare utilizzazione di esso principalmente per scopi agricoli ed in via subordinata per quelli pastorali. Una grandiosa impresa, come quella dell’acquedotto che dalle sorgenti del Volturno, fu completata per portare l’acqua alle ville ed alle campagne venafrane attraversando in galleria il territorio di Colli.

Michele Raddi conosce ogni angolo di questo territorio e mi ha fatto da guida quando con Eiki Solin e Mica Kajava siamo andati alla ricerca dei cippi romani che, murati a fare da stipiti ed architravi di dirute costruzioni, ancora ricordano che ad otto piedi da un lato ed altrettanti dall’altro lato del condotto era vietato tenere qualsiasi tipo di coltura: IUSSU IMP(eratoris) CAESARIS / AVGVSTI CIRCA EVM / RIVOM QVI AQVAE / DVCENDAE CAVSA / FACTVS EST OCTONOS / PED(es) AGER DEXTRA / SINISTRAQ(ue) VACVVS / RELICTVS EST.

Dopo la disfatta dell’Impero Romano seguì la riorganizzazione del territorio ad ope­ra dei principi longobardi Paldo, Tato e Taso ai primi dell’VIII secolo. Gli scavi in corso presso l’abbazia, nonché le ricogni­zioni sull’intero territorio, dimostrano come capillare sia stata l’azione di riqualificazione condotta dai monaci di S. Vincenzo.

Monte S. Paolo, ove era la rocca sannitica, fu intitolato a quel santo perlomeno dall’VIII secolo, quando il territorio faceva parte del ducato longobardo di Benevento.

Qui si ritrovano blocchi lapidei che recano elementi di sicura matrice longobarda come la vipera che, combattuta da S. Barbato vescovo di Benevento, fu reinterpretata in chiave cristiana a ricordo dell’episodio di cui S. Paolo fu protagonista quando, giunto naufrago a Malta, fu miracolosamente salvato dal suo morso.

La presenza di coloni a Colli al Volturno (il cui rap­porto di concessione del terreno veniva riportato su un libellus, da cui poi il termine di livello per questo tipo di contrattazione), è documentata nel Chronicon a partire almeno dal 972, ed è confermata per il 981 e per il 988. Ed è a quest’epoca che deve farsi risalire la costituzio­ne di un organico sistema di difesa attorno al nucleo abi­tato che ancora oggi esiste e che originariamente fu dedicato S. Mi­chele Arcangelo attribuendo il nome di Colli Sancti Angeli.

Del nucleo longobardo si ritrovano tracce non solo nella parte inferiore delle mura dell’abitato, ma anche nella disposizione urbanistica. Il nucleo di Colli, sebbene più volte rimaneggiato dopo eventi disastrosi come il terremoto del 1349, presenta ancora elementi sicuramente posteriori alla fondazione longobarda, ma comunque anteriori alla in­troduzione della polvere da sparo nei sistemi bellici. Uno degli elementi più evidenti è la torre circolare, parzialmente inglobata dalle case che, superando la linea muraria, si sono sovrapposte in epoche più recenti.

Fuori del centro antico, sulla strada che porta ad Isernia, sta la quattrocentesca chiesa dedicata a S. Leonardo di Limoges, il protettore dei carcerati. Bello il portale originale in pietra brecciata rossa. Il suo interno rifatto completamente nel 1874, come ricorda la lapide all’ingresso, fu affrescato dal pittore molisano, originario di S. Pietro Infine, Pietro Brunetti che vanta una grande quantità di opere in tutta la regione.

Ma anche a Colli gli aspetti fisici del paese si fondono con la memoria storica. E chi aveva avviato una straordinaria e puntuale ricerca sul suo territorio, sulle motivazioni della sua origine, don Lucio Ragozzino, purtroppo ha lasciato la sua opera incompleta. Ho avuto il privilegio di scrivere il suo epitaffio dopo la sua immatura scomparsa: Cantò l’Altissimo consacrando la sua vita agli altri. Tenne vivi gli insegnamenti benedettini quando cercò le radici della sua gente lì dove nasce il suo fiume. Visse sognando la Gerusalemme Celeste che scenderà splendente sulla Terra vulturnense. Qui, sul Colle dell’Angelo, riposano le membra del sacerdote Lucio mentre il suo spirito si dirige verso le stelle. Io spero che un giorno qualcuno abbia la voglia di mettere mano alle sue carte incomplete e terminare le ricerche che entusiasticamente aveva avviato.

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  • armando ragozzino ha detto:

    caro architetto
    forse lei non si ricorderà di me
    sicuramente ci saremo conosciuti anni fa, sicuramente conoscerà bene la mia famiglia e sicuramente avrà frequentato il salotto di casa mia insieme a mio zio.
    la sua scomparsa, ha creato un vuoto nell’anima di tutto noi, fortunatamente colmata dalla nascita di mio fratello.
    ho letto il suo articolo e devo dire che è molto interessante, giorno dopo giorno, navigando, leggendo, frugando tra le carte di mio zio scopro informazioni e noto dettagli che veramente mi fanno venire la voglia di riprendere le carte incomplete che mio zio ha lasciato. però, con tutta franchezza non saprei dove iniziare,dovrei fare qualche studio approfondito,e soprattutto dovrei avere la possibilità di parlare con qualcuno che lo conosceva sotto questo aspetto.
    credo che lei potrebbe raccontarmi tante cose belle, così come le disse qualche anno fa a montaquila in occasione della ricorrenza della sua morte…
    il mio numero di telefono è 3398835431, mi piacerebbe un sacco parlare con lei.
    certo di una sua risposta, le porgo tanti cari saluti.
    Armando Ragozzino

  • Franco Valente ha detto:

    Carissimo Armando,
    sono onorato del tuo intervento che onora anche la memoria di un grande
    della Valle del Volturno: don Lucio.
    Credo che zio Lucio abbia lasciato molti scritti in sospeso e sarebbe un
    peccato abbandonare i suoi lavori e le sue intuizioni.
    Lo dissi nelle commemorazione che facemmo a Montaquila qualche anno fa.
    Spero di esserti utile nel riordino delle carte che ti avvii a fare.
    L’importante è non avere fretta.
    Mi farò sentire appena riesco a trovare un paio di ore per venire a trovarti
    a Colli.
    Carissimi saluti ai tuoi genitori
    Franco Valente

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