Antichità romane

LA CINTA MURARIA DELLA SAEPINUM ROMANA

By 1 Marzo 2008 Gennaio 9th, 2010 4 Comments

di Franco Valente (Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons)

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Le mura di Sepino nei pressi delle terme a Porta Boiano

Chiunque abbia un minimo di frequentazione della campagna sa che la siepe è cosa distinta dalla fratta e che la siepe è costituita da una serie di arbusti che complessivamente formano una recinzione. Basterebbe questa considerazione per capire che il termine di Saepinum, quello più antico di Saipins e quello moderno di Sepino sono associabili al concetto di siepe e derivano tutti da un originario termine sannitico, forse saipinaz, che vuol dire semplicemente luogo recintato.

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SAEPINUM

La cinta muraria romana che ci è pervenuta pressoché intatta, o comunque comprensibile in tutti gli elementi compositivi, è quella che difende l’abitato dell’antica Saepinum e che conserva le quattro porte sistemate sulle testate dei due assi principali della città, nonché l’intera limitazione settentrionale munita di possenti torri circolari attestate su punti equidistanti tra loro.
Racchiude un’area di circa 12 ettari e fu realizzata tra il 2 a.C. ed il 4 d.C., in opera reticolata, al tempo in cui Tiberio Claudio ancora conservava il nome paterno, essendo figlio dell’omonimo Tiberio Claudio Nerone e di Livia Drusilla.

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Lo ricorda la grande epigrafe che ancora si può leggere sulla porta detta di Boiano e che fu già trascritta dal Mommsen (T. MOMMSEN, CIL IX 2443):
TI (berius) . CLAVDIUS . TI(beri) . F(ilius) . NERO . PONT(ifex) . CO(n)S(ul) . II . IMP(erator) . II . TRIB(unicia) . POT(estate) . V / NERO . CLAVDIVS . TI(beri) . F(ilius) . DRVSVS . GER(manicus) . AVGVR . CO(n)S(ul) . IMP(erator) . II / MVRVM . PORTAS . TVRRIS . D(e) . S(ua) . P(ecunia) . F(aciundum) . C(uraverunt).
E’ noto, infatti, che Tiberio in gioventù abbia intrapreso una brillante carriera politica e militare, accompagnato da una grande preparazione letteraria, fino a quando, nel 4 d.C. fu adottato da Augusto e, conseguentemente, da quel momento si chiamò Tiberio Giulio Cesare. Tanto, dunque, accadeva, quando le mura di Sepino erano state già realizzate. Tiberio Claudio Nerone, figlio di Tiberio, pontefice e due volte console, dopo aver comandato vittoriosamente l’esercito per due volte e avendo mantenuto la potestà tribunicia per la quinta volta, fece costruire la cinta muraria sepinate, le porte e le torri con proprio denaro, probabilmente con l’appoggio dello stesso Augusto. Nella memoria epigrafica della porta di Sepino viene richiamato anche il nome di Druso per l’evidente volontà di dare lustro al fratello di Tiberio nonostante che a quell’epoca, però, fosse già morto.

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Porta Boiano

L’asse principale della città, che coincide con il preesistente tratturo sannitico, collega le due porte principali, quella verso Benevento, dedicata a Marte, e quella verso Boiano, dedicata ad Ercole. Quest’ultima ci consente di ricostruire tutta l’apparecchiatura che vi esisteva per il controllo di chi entrava in città. Una saracinesca, che poteva essere calata o innalzata con argani posti sulla sommità della porta, costituiva il primo sbarramento ed anticipava uno spazio interno, controllabile dall’alto del corpo di guardia, che era limitato da una seconda porta impostata, a differenza della prima, su cardini.
Chi doveva passare, in altri termini, poteva superare la saracinesca che gli veniva chiusa alle spalle ma rimaneva bloccato dalla porta sui cardini. Effettuato il controllo, veniva aperta la seconda porta e si poteva quindi accedere alla città.

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La base di una scomparsa fontana ed il vano di uno dei cardini di Porta Boiano

Le quattro porte urbiche, alle quali in epoca più tarda si aggiunge quella del teatro che nasce sul lato settentrionale a ridosso della cinta muraria, sono ben individuabili perché in tutte si è conservato quasi integralmente l’impianto e, nel caso della porta Boiano, anche una buona parte dell’elevato.
Queste mura continuarono ad esistere anche in periodo più tardo e una epigrafe che sopravvive sulla porta di Boiano forse ci può aiutare a capire che la cinta muraria di Sepino probabilmente avesse la stessa funzione di difesa che oggi possono avere i varchi blindati delle banche.

Un’epigrafe, che Mommsen colloca tra il 169 e il 172 d.C. al tempo di Marco Aurelio (T. MOMMSEN, CIL IX 2438), è scolpita sulla spalla destra della porta ed è la sintesi di tre lettere con le quali i prefetti Basseo Rufo e Macrinio Vindice, avendo ricevuto segnalazioni di irregolarità, diffidavano i magistrati di Sepino e di Boiano (dove probabilmente era collocata identica ammonizione) a non commettere abusi di qualsiasi genere nei confronti di tutti coloro che, proprietari o conduttori di greggi, erano tenuti a passare per la città per i controlli fiscali durante le fasi della transumanza (U. LAFFI, L’iscrizione di Sepino CIL IX 2443 relativa ai contrasti fra le autorità municipali e i conductores delle greggi imperiali, in “Studi classici ed orientali”, 14, 1965).
Cosmo, liberto dell’imperatore, e Settimiano, liberto suo collaboratore, infatti si lamentavano che i magistrati di Sepino e di Boiano facevano (o forse consentivano che si facesse) violenza agli appaltatori delle greggi imperiali che essi amministravano e minacciavano l’avvio di una inchiesta per i conseguenti provvedimenti.
In particolare essi riferivano che gli addetti alla transumanza subivano angherie da parte delle guardie che li accusavano provocatoriamente di portare al seguito cavalli rubati e schiavi fuggiti. Secondo i denunzianti queste accuse venivano mosse per creare disordini in maniera che durante la confusione venissero fatte sparire pecore e cavalli di proprietà imperiale.
Dunque la cinta muraria di Sepino assolveva la funzione del controllo sociale da una parte e della ispezione fiscale dall’altra, anche se la diffida dei prefetti fa capire che di tale controllo si faceva anche un uso distorto.
Ma a parte le disposizioni di epoca tarda aventi, oltre una funzione monitoria, anche ordinatoria, di significato politico sono invece gli elementi più appariscenti sistemati sulla porta.
Difficile è capire di chi sia il volto del personaggio barbuto sul concio di chiave dell’arco. Si è propensi a riconoscervi l’immagine di Ercole, diffusamente considerato protettore dei recinti.

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Ercole sulla Porta Boiano

Certamente i due prigioni sistemati sulle mensole ai lati della grande epigrafe, invece, costituiscono un chiaro riferimento al definitivo assoggettamento del territorio sannitico al potere centrale romano, anche se nel caso specifico probabilmente i personaggi si non riferiscono a prigionieri sanniti, quanto piuttosto a prigionieri germanici se è vero che possano essere messi in correlazione alle campagne militari di Tiberio e Druso in quella parte dell’Europa.
Ogni prigione seminudo, con le mani legate dietro, ha un fisico possente ed un viso barbuto. La parte inferiore è coperta da un telo di lino arrotolato all’altezza dell’inguine. A lato uno scudo romboidale è appoggiato a terra in posizione verticale.
Il significato ideologico dei prigioni, peraltro, doveva essere messo in relazione con la centuriazione agraria che sotto certi aspetti costituiva la definitiva marchiatura del territorio mediante l’assegnazione dei lotti coltivabili ai coloni cui si fa cenno esplicito nel Liber Coloniarum: Sepinum oppidum muro ductum: colonia ab imp(eratore) Nerone Claudio est deducta: iter populo debetur ped(ibus) L: ager eius in centuriis augusteis est adsignatus. Anche se una colonia di Sepino non è confermata da dati epigrafici e il riferimento non è all’imperatore Nerone, ma a Tiberio Claudio Nerone, la notizia è utile a confermare che con l’assegnazione dei terreni il territorio perdeva per sempre la destinazione pastorale per essere assoggettata irreversibilmente ai ritmi della colture agrarie.

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Dalla parte opposta un restauro che ha lasciato qualche perplessità per l’uso eccessivo di cemento permette di capire che le due porte avessero le stesse identiche caratteristiche. Definita come porta Benevento per trovarsi in direzione di quella città, conserva il concio di chiave con l’immagine di un guerriero munito di elmo. Si ritiene che si tratti di Marte che, come dio della guerra, viene associato al carattere difensivo dell’apparecchiatura muraria.

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Porta Benevento e l’immagine di Marte

Poco rimane della porta sistemata sull’asse stradale principale trasversale che si pone sul tratto di strada che collega Sepino all’antica Saipins, altrimenti detta Terravecchia. Quel poco che rimane conferma che anche questa porta, nonostante fosse destinata ad un accesso in qualche modo meno importante, avesse le medesime caratteristiche delle altre.

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Porta Terravecchia

Rimangono i plinti basamentali dell’imposta dell’arco. Del fornice rimane una pietra erratica, successivamente murata a lato dell’attuale varco, che costituiva il concio di chiave. Da quel poco che sopravvive della parte a rilievo sembra di poter riconoscere l’immagine di un personaggio femminile. Forse di Minerva.

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Porta Tammaro ed il fallo augurale

Grandi modifiche, invece, sono state apportate alla porta opposta rivolta verso il fiume Tammaro, da cui prende il nome. L’arco attuale è frutto di sostanziali trasformazioni effettuate utilizzando e ricollocando senza un preciso programma di ricostruzione che oggi definiremmo filologica gli elementi della struttura originaria al solo scopo di ottenere un risultato pratico.
Certamente degno di attenzione è un blocco lapideo che è stato ricollocato sul lato destro prima di entrare su cui sopravvive, molto rovinato, un rilievo fallico che in genere veniva posto in segno di augurio in luoghi di particolare frequentazione pubblica.
Alcune particolarità planimetriche fanno pensare che l’impianto urbano, sebbene nato in area assolutamente pianeggiante, sia stato fortemente condizionato da alcune preesistenze.
La città fortificata certamente ripete la forma di un recinto che almeno da qualche secolo (le indagini archeologiche anticipano almeno fino al IV secolo a.C. l’esistenza di edifici) era posto sull’asse tratturale sul quale si impianta.
Lo garantisce in qualche modo anche il nome stesso dell’insediamento perché i termini di Saipins e di Saepinum deriverebbero da quello osco saipinaz che significa recingere.
Il fatto che le due strade principali non si incrocino in maniera ortogonale è una ulteriore conferma che i pianificatori di Tiberio non abbiano voluto modificare l’assetto preesistente dei due assi che si incrociavano nel punto dove ancora vi è una consistente sorgente naturale: quello principale che è costituito dal tratto di via che collega Boiano a Benevento, l’altro secondario che corrisponde ad un antico tracciato che mette in relazione il recinto megalitico di Terravecchia (l’arx della Sepino sannitica) al fiume Tammaro.

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Per questi motivi, mentre il disegno generale voluto da Tiberio tende a prendere la forma di un quadrato quasi regolare con i due lati paralleli al tratturo principale e gli altri due ad esso ortogonali, l’asse che collega la porta di Terravecchia a quella di Tammaro determina un disegno interno non ortogonale che condizionerà anche il posizionamento del teatro il cui impianto scenico non è parallelo alla linea delle mura che sono alle sue spalle.
Le 32 torri sistemate sui tratti rettilinei (8 per ogni lato), comprese quelle posizionate sull’inizio delle curvature della cinta, hanno tutte un impianto ovalizzato con la parte esterna semicircolare, mentre le quattro torri che difendono gli spigoli della città presentano un disegno ad ottagono irregolare con cinque facce esterne ammorsate con blocchi di pietra squadrati.

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Ultimamente (anno 2000) è stato effettuato un recupero quasi integrale dell’intera linea muraria. La conoscenza degli allineamenti conferma, ove ce ne fosse stato bisogno, la rispondenza del disegno ad un progetto organico di pianificazione urbanistica e di utilizzazione di maestranze specializzate.
Gran parte dell’elevato che oggi si vede è frutto di ricostruzione moderna, ma l’apparato murario ricostruito ripete fedelmente quello originario che non solo è ancora presente nella parte basamentale della linea muraria, ma è perfettamente conservata nelle parti di muratura crollata nei secoli dell’evo medio e che, opportunamente, in sede di restauro non sono stati demoliti o asportati dal luogo in cui sono crollati.
Si tratta di un’ottima muratura a scaglie di pietra di medie dimensioni legate da calce idraulica e dallo spessore di poco inferiore ai due metri con doppio paramento, esterno ed interno, in opera quasi reticolata.
Certamente la particolare regolarità della struttura muraria di difesa con le 32 torri posizionate sull’intero perimetro con interasse costante e con caratteristiche costruttive praticamente identiche inducono a pensare che i suoi ideatori avessero avuto chiaro il motivo per cui, all’interno di un territorio ormai definitivamente romanizzato, si dovesse costruire un sistema così potente di protezione all’abitato.
Non abbiamo una conoscenza particolare della situazione politica e sociale del territorio sepinate in quell’epoca e se al suo interno esistessero condizioni tali da indurre il governo centrale a ritenere che si dovessero immaginare scenari bellici particolarmente preoccupanti per contrasti con la popolazione locale ormai definitivamente sottomessa o nella prospettiva di improbabili invasioni straniere.

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Insomma le mura, le porte e le torri di Sepino servivano a garantire l’ordine pubblico e la protezione dei beni materiali da assalti, evidentemente non improbabili, della cosiddetta delinquenza comune.
Il progressivo indebolimento dell’Impero Romano e la caduta finale fecero decadere di conseguenza tutte le strutture urbane e con esse non ebbero più alcuna funzione le cinte murarie.
Tuttavia nell’alto medioevo ciò che rimaneva di antiche mura sannitiche di Terravecchia (Saipins) e della città romana di Sepino, per quanto immiserite, furono particolarmente utili per la definizione di due nuclei urbani che mantennero il carattere di luoghi fortificati.

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Errico Cuozzo e Jean-Marie Martin, con il pretesto della trascrizione delle pergamene di S. Cristina di Sepino, hanno dato un contributo che potremmo ritenere definitivo per la ricostruzione delle vicende urbane dei vari nuclei che comunque oggi fanno capo al territorio della moderna Sepino. Da noi solo qualche considerazione aggiuntiva per la definizione cartografica dei luoghi richiamati dalle antiche pergamene ed opportunamente considerate dai due studiosi.
Il primo dei due insediamenti viene ricordato nei documenti più antichi come Castellum Vetus e successivamente Castrum Vetus.
La testimonianza di una occupazione organizzata di queste terre ci viene da Paolo Diacono (P. DIACONO, Historia Langobardorum: … spatiosa ad habitandam loca, quae usque ad illud tempus deserta erant … scilicet Sepinum Bovianum et Iserniam et alias cum suis territoriis civitates) che ricorda la discesa di Alzecone duca dei Bulgari: “… in quel tempo, Alzecone, duca dei Bulgari, dopo avere abbandonato, non si sa perché il suo paese, si portò pacificamente in Italia con tutti gli uomini del suo ducato e si presentò a Grimoaldo (re dei Longobardi del Nord) per mettersi al suo servizio in cambio dell’ospitalità. Il re allora lo indirizzò da suo figlio Romoaldo a Benevento con l’ordine di assegnargli un territorio. Il duca Romoaldo lo accolse con benevolenza e pose a loro disposizione vaste estensioni di terreno fino allora deserte, cioè Sepino, Boiano, Isernia e altre città con i loro territori e chiese allo stesso Alzecone di cambiare il suo titolo di duca in quello di gastaldo. Costoro abitano tuttora in quelle zone e benché parlino anche il latino, non hanno affatto abbandonato l’uso della loro lingua”.

Tuttavia una forma più organica di insediamento potrebbe essersi definita un paio di secoli dopo.
Ancora oggi un piccolo agglomerato di case conserva il nome di Castelvecchio, nell’area di Terravecchia, dove ricerche archeologiche hanno rivelato la presenza di un insediamento fortificato utilizzando un muro di evidente origine sannitica.
Giovanni Colonna nel 1961 e Umberto Scerrato successivamente nel 1980 vi hanno rinvenuto i resti di misere abitazioni di nuclei familiari che avevano abbandonato la Sepino romana quando nel IX secolo questa divenne una base militare dei Saraceni al comando di Saugdan, emiro di Bari.
Ma questo è un argomento di cui parleremo in altro luogo…

Join the discussion 4 Comments

  • giovanna ferrari ha detto:

    fantastico!
    grazie
    GF

  • franco valente ha detto:

    Carissima Giovanna,
    un giudizio così sintetico oltre che perentorio, non può che rendermi orgoglioso….
    Grazie
    F.V.

  • Roberto Zamperini ha detto:

    Un gran bel lavoro! Grazie di cuore! Un lavoro unico!

    Roberto

    PS1: Qual è l’orientamento della Porta Boiano? (Temo che non sia dedicata ad Hercules, ma potrei sbagliare)
    PS2: Hai una foto della porta Benevento?

  • angelo ha detto:

    Nel Corriere della Sera di oggi(23.7.12)un articolo ha stuzzicato l’idea di una visita a Saepinum…..ma di quelle pale eoliche cosi potete dire?

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