Perdere tempo a Campobasso
L’ampliamento della Biblioteca Provinciale
Franco Valente
Un anno fa la Provincia di Campobasso ha espletato il concorso di progettazione per l’ampliamento della Biblioteca Provinciale Albino.
Vi ho partecipato con il privilegio di avere come capogruppo il prof. Paolo Portoghesi e come collaboratori l’ing. Alberico Iannantuono, l’arch. Luigi Peccia e l’arch. Luigi Valente.
Una commissione locale ha ritenuto il progetto meritevole di essere collocato tra gli ultimi ed ha fatto vincere, come era auspicabile che accadesse, un gruppo campobassano.
Io spero che un giorno la proposta progettuale del gruppo campobassano si realizzi e che della proposta progettuale del gruppo che faceva capo a Portoghesi rimanga almeno traccia nella storia dei concorsi molisani finiti male.
Finiti male come accadrà per il concorso per la progettazione della nuova sede regionale, morto prima di nascere per la singolare capacità di qualche funzionario regionale.
Poiché ritengo che il lavoro proposto dal nostro gruppo, checché ne pensi la commissione di Campobasso, è una delle poche architetture meritevoli di essere chiamate tali (almeno in questo primo scorcio del secolo) mi fa piacere pubblicarla in questo sito anche perché credo che possa costituire occasione di critica o, comunque, di riflessione.
Specialmente in questa regione dove il dibattito culturale più qualificante è sapere se Berlusconi è più amico di Iorio o di Patriciello.
La scelta di una forma architettonica
Il tema dell’ampliamento è stato proposto dalla Provincia di Campobasso tenendo conto della necessità di conservare l’organismo volumetrico e funzionale della parte più consistente della biblioteca esistente (compreso il giardino con le sue essenze arboree) e della opportunità di utilizzare, anche mediante la demolizione dell’esistente, tutta l’area che oggi è occupata da una piccola sala conferenze.
Questo attraverso il conseguimento di nuovi volumi e nuove superfici da collegare organicamente con la struttura preesistente.
Altri limiti erano fissati dalle norme sismiche e urbanistiche che impongono altri condizionamenti che incidono sostanzialmente nel calcolo dei volumi, dei piani e delle altezze.
Il tutto tenendo conto delle somme a disposizione per realizzare le opere e che erano sintetizzate nella previsione di spesa di € 3.000.000,00, di cui € 2.100.000,00 per lavori compresi gli oneri per la sicurezza.
La particolare circostanza che l’area di ingombro del nuovo volume avesse la forma pressoché quadrata ha costituito un pretesto geometrico che in qualche modo è divenuto la matrice planimetrica del disegno architettonico che, conseguentemente è stato elaborato attraverso l’arricchimento di contenuti funzionali e simbolici.
L’impianto perfettamente quadrato è stato utilizzato per immaginare una grande teca che richiamasse il concetto di luogo di conservazione attiva. In un certo senso una conservazione esplosiva, ovvero rivolta a ribaltare verso l’esterno, amplificandoli, i valori che al suo interno erano conservati.
Questa nella sostanza è la funzione della cultura che nella biblioteca viene accumulata sotto la forma libraria e che si apre all’esterno attraverso la consultazione, l’apprendimento e la successiva divulgazione.
E poiché la biblioteca è il luogo per eccellenza per la conservazione dei libri, proprio la forma fisica del libro che si apre al lettore è stata presa come riferimento simbolico attraverso un processo di astrazione delle forme concave dei dorsi delle rilegature.
La forma architettonica, opportunamente modellata, ha preso come riferimento la forma fisica di codici medioevali e libri antichi per esaltare le peculiarità funzionali di un servizio fondamentale per la formazione culturale di chi si appresta ad utilizzarla.
La definizione dei volumi esterni, in continuità con le logiche compositive interne, partiva dalla necessità che la sua forma facesse parte di un disegno più ambizioso e vasto e si ponesse l’obiettivo di fornire alla città un segno particolarmente forte e comunque capace di costituire il punto di partenza per ridisegnare un’area che, pur non essendo degradata, sul piano percettivo appare assolutamente caotica e confusa.
Il progetto, pertanto, era finalizzato a costituire l’abbrivio per riqualificare tutti gli spazi liberi che formano il contesto urbano in cui si colloca la Biblioteca ed esaltare il concetto della piazza come “luogo degli sguardi” non solo per coloro che ne sono i naturali fruitori avendo le abitazioni che si affacciano su di essa, ma anche per chi, percorrendola occasionalmente, si senta partecipe della scena urbana.
La Biblioteca a tal fine sarebbe stata il primo elemento di un disegno capace di diventare suggerimento per gli interventi successivi.
Non per realizzare una banale quinta prospettica, ma per creare un elemento di grande vitalità per il ruolo particolarmente importante che la Biblioteca Provinciale riveste nella struttura urbana e territoriale.
Il suo linguaggio architettonico si proponeva di rispettare, con grande rigore e sobrietà, il senso di una storia globale che si è sedimentata nel Molise con espressioni artistiche ed architettoniche che vanno dalle porte trilitiche sannitiche, al Teatro ellenistico di Pietrabbondante, alla città fortificata di Saepinum, alla Cripta apocalittica di S. Vincenzo al Volturno, alle basiliche romaniche di Petrella Tifernina, di S. Maria di Canneto e di S. Maria della Strada, alle pitture rinascimentali di Gambatesa, ai cavalli cinquecenteschi in stiacciato di Venafro, alle esperienze murattiane di Campobasso integrate dalla grande produzione liberty dei fratelli Tucci.
Il progetto si proponeva di riannodare i fili della lezione della storia, provando a condurre a sintesi elementi diversi tra loro per attribuire valore al luogo e renderlo riconoscibile nel momento in cui viene a far parte della memoria collettiva.
La Biblioteca di Campobasso, insomma, avrebbe dovuto rappresentare un edificio che, attraversando il tempo, sarebbe dovuto diventare una teca della memoria aperta verso il futuro.
In termini concreti l’ampliamento, quand’anche si fosse considerato una sorta di superfetazione sul piano puramente volumetrico, era concepito come un valore aggiunto utile per arricchire ed esaltare i valori ed i significati che appartengono di fatto ad una Biblioteca di grande interesse per la formazione culturale della comunità quale è la Biblioteca Provinciale di Campobasso.
Abbiamo perso tempo…
Il progetto vincitore
Uno dei tanti centri commerciali negli Emirati
Caro Franco,
lo sai che le commissioni, sono sempre miopi, guardano forse altri valori. Chi si occupa di cultura spiega ad altri, ma non sempre viene compreso.
Peccato, dato che la vostra proposta, mi pareva veramente proiettata sul futuro, ma nel contempo, poteva anche ricordare cosa sono stati ed ancora sono i libri. Qualcosa che internet, spero, non può far scomparire
Franco, le tue idee non moriranno mai! Io penso che arriverà il momento che anche a Campobasso riusciranno a pensare la cultura come te e Portogesi!
Progetto molto interessante; la buona architettura, anche quando è di rottura con l’abitato circostante, si riesce sempre ad inserire nel contesto cittadino…questo, mi sembra, sia il merito del tuo progetto che dimostra, inoltre, grande attenzione per la tradizione contenendo molte citazioni…purtroppo un’altra occasione sprecata dall’amministrazione per svecchiare l’ambiente molisano, se si pensa al pur decoroso progetto vincitore
Che tristezza, forse si è persa un’altra occasione per donare alla città qualcosa di più della solita colata di cemento.
Ormai non ci si dovrebbe più meravigliare dell’invadenza debordante della politica, esercitata in ogni direzione della vita sociale, figuriamoci poi quanto accampa diritti anche in ambito culturale ed artistico! Non dimentichiamo che proprio la Provincia di Campobasso non è nuova a colpi di testa in questo campo, esempio illuminante è la triste storia del concorso per l’assegnazione della direzione artistica del Teatro Savoia di Campobasso. La verità ultima e che il Molise tra tutte le iatture che lo affligono, ha non ultima e sempre incombente, quella di una classe politica, senza distinzione di colori e di schieramenti, in gran parte miope ed imbelle. Purtroppo la responsabilità di tutto questo ricade proprio sopra di noi molisani, per troppo tempo con le coscienze dormienti ed intorpidite, incapaci di fare scelte coraggiose ed utili per il bene collettivo, imbrigliati come siamo nela nostra mala coscienza di clienti (nel senso latino del termine).
Da industrial Designer penso che l’architetto troppo spesso si rivolge al progetto solo con occhio funzionale, tralasciando o non abbinando il valore estetico che sarebbe il plus valore di ogni progetto.
Troppe volte mi è stato detto “sei troppo futurista” troppe volte mi han detto che i mie progetti riguardano un’altra realtà…troppe volte…Io vorrei capire com’è possibile che un progettista in genere, che sia architetto, designer, ingegnere o quant’altro, non veda che ancor oggi nonostante l’apporto della tecnologia, dei software per la progettazione, per la modellazione solida, per la costruzione di superfici di classe A, non si accorga che continuano a progettare enormi e mastodontiche macchine da scrivere!!!!
Vorrei svegliarmi domattina in un mondo dove il progettista non sia infetto dal sistema economico; dove il progettista si diverte a progettare non a fare la contabilità.
Luigi 6 il migliore CIAO