Spigolature araldiche: Damnatio memoriae su uno stemma di Cola di Monforte
Non è facile. Ma guardando con attenzione le pietre che costituiscono la spalletta di destra dell’antico ingresso del Castello di Campobasso si scopre una pietra che una volta recava lo stemma di Cola di Monforte. Credo che non sia stata mai notata perché, essendone stati abrasi gli elementi a rilievo, difficilmente si riconoscono i segni araldici peculiari di quella casa.
La famiglia Monforte vantava origini francesi nei Montfort di Francia o di Bretagna che avevano come stemma un leone di azzurro in campo d’argento sostenente uno scudetto di oro caricato di cinque code d’ermellino.
I segni araldici riconducibili ai Monforte e presenti in Campobasso sono del tutto diversi perché la loro insegna è costituita da una croce accantonata da quattro rose abbottonate e così viene ripetuta in altri luoghi.
Benedetto Croce attribuisce, senza citare la fonte, il colore rosso alla croce dei Monforte in campo di oro con le rose accantonate di argento.
Delle insegne dei Monforte troviamo ripetuti esempi a Campobasso e una sola volta a S. Maria della Strada in agro di matrice.
Ne riferisce, per la collocazione, Eduardo Di Iorio (Campobasso. Itinerari di storia e arte, Campobasso 1977, p.299):
Porta S. Antonio, chiamata anche Porta della Chiaia. (…) Nell’arco, in chiave, vi è lo stemma della città con l’anno 1775.
Sul muro sinistro e in alto, quello della famiglia Monforte con l’A.D. MCCCCLXIII (1463).
Porta S. Antonio (da Virgilio-foto-album). Benedetto Croce vi ha letto 1459.
Nel cortiletto del Palazzo E. Della Ventura a Corso Mazzini, si possono osservare due stemmi calcarei: a destra quello dei Monforte: Croce accantonata con quattro rose e con la data 1463 (…) Lo stemma dei Monforte trovavasi nella casetta di Di Nunzio Antonio, e propriamente nel cortiletto ed ivi murato. Il locale era adibito a ripostiglio. Fu distrutto nel 1966 quando si costruì il Palazzo che prese il nome dell’ing. costruttori: E Della Ventura.
Concio ex Di Nunzio ora al Municipio di Campobasso (foto Paolo Giordano)
Sempre Di Iorio riferisce di un terzo stemma dei Monforte-Gambatesa che si trova immurato e capovolto, in basso nell’interno del bastione del Castello, dal lato sud-ovest.
Il quarto è in rilievo sul concio di chiave del portale principale del Castello sul lato meridionale, sull’arco dello scomparso ponte levatoio.
Il quarto è quello sopra citato sul balaustro dell’acquasantiera di S. Maria della Strada.
Ora possiamo dire che tracce di un quinto esemplare si sono rivelate a lato di quello ampiamente conosciuto dell’arco aragonese del ponte levatoio.
Si riconoscono tutti gli elementi fondamentali: la croce e le quattro rosette abbottonate.
La collocazione dello stemma nella basilica di S. Maria della Strada induce a qualche riflessione sulla utilizzazione delle cosiddette rosette nelle insegne dei Monforte.
Non esiste alcun documento che faccia capire quali siano stati i rapporti precisi tra i Monforte e la basilica di S. Maria, ma ho motivo di ritenere che siano stati sicuramente importanti.
Un indizio è la collocazione dell’arca di Berardo d’Aquino, marito di Tommasella di Molise, vedova di Riccardo di Monforte.
Non è da escludere che il legame fosse cosi radicale da indurre, nel momento in cui la famiglia decise di modificare quello più antico dei Gambatesa in quello sicuramente nuovo dei Monforte, a prendere come riferimento uno dei segni più caratteristici della ornamentazione esterna della basilica. Credo, infatti, che si possa affermare con sufficiente sicurezza che le rosette dello stemma dei Monforte siano ispirate a quelle che appaiono nell’archivolto del portale principale.
Invece non siamo in grado di ricondurre ad un preciso responsabile la cancellazione dello stemma di Cola di Monforte, ma certamente fu una scelta consapevole tenendo in considerazione la difficoltà pratica per eseguire l’operazione.
Infine rimane misteriosa la decorazione che si è salvata e che appare in una pietra sistemata sulla medesima spalletta. Si tratta di una composizione fitomorfica di foglie grasse ammazzettate e mantenute da una fascetta a penduli.
Grande Franco!
Spero si riesca presto a scoprire che cos’è quella composizione fitomorfica di foglie grasse ammazzettate e mantenute da una fascetta a penduli.
Ben sai come sia “fissato con quel fregio.”
Per completezza di dati mi permetto di aggiungere qualcosa a quanto scritto da padre Eudaurdo al quale la Città (la regione tutta) deve gratitudine per il gran lavoro di studio e ricerca svolto……
Lo stemmo che padre Cappuccino dice essere capovolto è solo una sua confusione tipografica. Infatti pubblica nell’appezzamento del Nauclerio una foto delle insegne che lui ricorda capovolto. Quando eravamo ragazzi e leggevamo Salgari e cercavamo il camminamento segreto di Cola… verificammo di persona e: lo stemma è correttamente scolpito nel verso giusto.
Relativamente ai due stemmi ritrovati nel palazzo Della Ventura essi oggi sono nell’atrio del comune di Campobasso e con molta probabilità erano quelli incastonati in porta San Leonardo.
Se mi permetti mi autocito inviandoti un articolo in cui, partendo dalla mezza canna, mi dilungavo parlando di porta Borgo:
“Se come nelle fiabe gli oggetti parlassero, chi sa quanto potrebbe raccontare l’apparentemente insignificante barra di ferro murata in via Cannavina al civico 7.
In realtà si presenta da sola: su di essa è scritto “mezza canna”.
Era l’unità di misura di riferimento per il mercato di Campobasso inserita in Porta Borgo, anche detta Porta San Leonardo.
Di questa struttura oltre ad essere ancora visibile, all’interno di una vetrina, l’emiciclo di un torrazzo esistono i due stemmi un tempo incastonati nell’architrave.
Il più antico è quello del Conte Cola, l’altro è della città di Campobasso, ed oggi sono entrambi conservati nell’atrio del Municipio.
L’Albino, nato nel 1827, ebbe modo di vederla personalmente e la descrive come “assai ben decorata e di corretto stile architettonico”.
Porta San Leonardo, che era l’accesso principale al nucleo fortificato, fu distrutta nel 1836 ed utilizzata dai cittadini quale “cava” di pietra per costruire.
A detta del Mancini era “più grande e bella delle altre”.
L’attraversò Ferrante II Gonzaga, signore di Campobasso, nel 1584 e nel 1588 insieme alla moglie, la principessa Vittoria Doria, e la loro figlia Zenobia.
In una lunetta della Banca d’Italia il pittore Nicola Biondi ha immortalato l’ingresso di un altro Gonzaga, Ferrante I, ma non si hanno documenti certi di una sua visita in città.
Solo la mezza canna potrebbe dirimere ogni dubbio e narrarci questa ed altre vicende epiche, o semplici storie quotidiane, a cui lei stessa ha assistito in tanti secoli.
Troppo banale concludere questa divagazione con la solita lamentosa constatazione sullo stato di abbandono delle memorie storiche cittadine.
Si vuole, invece, credere che un’Amministrazione, un Ente, un imprenditore illuminato o un’Associazione commissionerà una targa che illustri ai passanti cosa rappresenti quell’apparentemente insignificante barra di ferro.”
10 luglio 2010
Scusami per l’invasione e per lo spazio rubato! Ma credo che condividere con te queste poche nozioni significhi farle uscire dal mio povero cassetto personale e farle diventare, casomai, un pochino più interessanti.
Carissimo Paolo,
ti sarei grato se mi potessi fare avere le immagini degli stemmi di cui parli in maniera che, dopo aver preso anche le note del tuo commento, io possa integrare quanto già scritto.
Con l’affetto di sempre!
cari amici complimenti per le vostre notizie storiche sullo Stemma dei Monforte -Gambatesa,i riferimenti al grande lavoro svolto a suo tempo da Padre Eduardo Di Iorio sono ancora oggi fonti storiche esaurienti di cui ero a conoscenza,non avevo fatto mai caso a quella pietra incastonata del castello con “la croce”,nel 1937 quando il castello fu riedificato e sistemato come lo possiamo vedere a tutt’oggi.la zona della collina monforte era piena di queste pietre forse non tutte appartenute al castello ma anche a chiese che oggi non esistono ma esistevano un tempo come le chiese di Sant’ Angel,san Cristoforo e di Santa Croce come scrive anche il Di Iorio,interessante il rifermento all’acquasantiera di Matrice,complimenti,un saluto.
Gaetano, grazie!
Padre Eduardo Di Iorio ha fatto un lavoro straordinario su Campobasso.
Purtroppo i politici sono incolti per dargli il giusto riconoscimento e gli studiosi sono spesso troppo invidiosi per esaltarne il valore.
Chi legge e partecipa a questo blog non fa parte di tale schiera di inutili molisani…
Uno stemma con quattro rose, che potrebbe essere simile a quello Monteforte si trova sull’ingresso di una cappella trecentesca nella Cattedrale di Barletta. Anche questo abraso, come del resto tutti gli stemmi sugli accessi a tutte le cappelle gotiche della cattedrale. Reputo pertanto che il motivo della “damnatio memoriae” possa essere diverso.
Si conosce qualche legame del Monforte con la città di Barletta?
Se lo stemma di Barletta è trecentesco non vi può essere alcun rapporto. Lo stemma campobassano è stato creato da Cola di Monforte nel 400. Comunque per quanto ne so non esite alcun rapporto tra i Monforte e Barletta: Però tutto può essere. Cercherò di approfondire…