Castelli del MoliseCastelli longobardi e normanni nel Molise

Il Castello di Tufara

By 8 Giugno 2009 Febbraio 28th, 2016 4 Comments

Il Castello di Tufara

Franco Valente

A Tufara c’è un castello che sembrava definitivamente perso dopo una serie di restauri che a me non piacciono perché basati sull’inserimento di elementi vistosamente estranei alla sua storia, alle sue caratteristiche architettoniche, alle sue necessità funzionali.

Oggi, grazie ad un modesto, ma importante, contributo regionale l’arch. Giuseppe Russo è stato in grado di rimettere le cose in ordine con un intervento che sicuramente va al di là di ogni più rosea aspettativa perché appare rispettoso della sua storia, delle sue caratteristiche architettoniche, delle sue necessità funzionali.

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Sicuramente la strada per la definitiva sistemazione del monumento è ancora lunga ed é irta delle solite difficoltà se non si avrà la capacità di non ridurre il prezioso manufatto ad un contenitore folkloristico e non piuttosto ad un punto di coordinamento di attività culturali di interesse più ampio.

Delle origine del castello di Tufara sappiamo poco o nulla e qualsiasi ipotesi che il suo impianto sia longobardo è tutta da dimostrare ma non improbabile. Se non altro per il fatto che il territorio circostante, successivamente alle invasioni saracene del IX secolo, fu incastellato nell’ambito di quella politica che, prendendo a pretesto le incursioni agareniche, puntava ad un controllo organico del ducato di Benevento quando ormai il regno autonomo dei Longobardi era finito per l’invasione carolingia che, comunque, non era riuscita a sottomettere nel senso più completo la Longobardia Minore.

Essendo strutture fortemente connotate da esigenze ideologiche, i castelli longobardi costituirono in effetti più una necessità del controllo dei propri amministrati che una effettiva organizzazione per la difesa da attacchi esterni.

Che esistesse una struttura fortificata si può desumere dalla circostanza che, sicuramente, nella successiva epoca normanna una qualche organizzazione doveva esistere attorno a questa particolare conformazione rocciosa che viene popolarmente associata al tufo anche se si tratta di un banco di arenaria di grande consistenza che non ha nulla a che vedere con fenomeni vulcanici.

Ma vi è un’altra questione che per me assume importanza particolare e sulla quale sicuramente avremo modo di tornare.

E’ una questione apparentemente insignificante ma che consente di attribuire alla comunità di Tufara uno specifico rapporto con Montecassino per il fatto di accogliere da tempo immemorabile una reliquia dell’abate Desiderio di Montecassino elevato alla gloria di santo con il nome di Vittore III (che assunse quando fu eletto papa nel 1086) e che per lungo tempo è stato venerato come santo patrono di Tufara. Comunque fino alla sostituzione di un diverso patrono dal XIII secolo nella figura di S. Giovanni da Tufara per gli evidenti legami con la sua terra di origine.

Di Desiderio (Benevento 1027 – Montecassino 1087) ho avuto modo di parlare in altro luogo http://www.francovalente.it/?p=2338
http://www.francovalente.it/?p=686
http://www.francovalente.it/?p=945

http://www.francovalente.it/?p=731
per i diretti rapporti che ebbe con il territorio del Molise sia mentre era abate cassinese che quando fu eletto papa.

E’ evidente che la presenza delle reliquie di Vittore III a Tufara devono essere messe in relazione con qualche avvenimento che, per quanto ne so, non è riportato nelle cronache che conosciamo.

La citazione più antica che riguardi Tufara si trova, invece, nel Catalogus Baronum che, sebbene riporti in maniera assolutamente essenziale i dati relativi ad ogni feudo, è oggi l’unico strumento che ci permetta di comprendere l’importanza e, forse, anche la dimensione del feudo con la sua capacità economica nei primi decenni subito dopo la metà del XII secolo.

Il Catalogo dei Baroni non è altro che il registro fatto redigere dal re normanno tra il 1150 ed il 1168 per una leva generale necessaria per formare una grande armata reale sostenuta da tutti gli uomini liberi prescindendo dal loro stato sociale e dal loro rapporto feudale.

Gli elementi che appaiono dal catalogo, anche se scarni e sintetici, e soprattutto il numero dei milites che Filippo di Civitate doveva fornire per una serie di feudi, tra cui era anche Tufara, sono comunque sufficienti a delineare una situazione non florida dell’economia di questa comunità che, però, nella sostanza, era simile alla gran parte degli altri feudi elencati.

Sappiamo così che il feudo di Tufara, essendo il suo titolare obbligato alla fornitura di un milite armato per ogni venti once d’oro di reddito, aveva il valore corrispondente a un miles, cioè venti once d’oro.

Per questo dobbiamo ritenere che l’articolazione architettonica del castello esistente in quell’epoca fosse proporzionata alle risorse economiche del feudo e perciò possiamo immaginare una struttura edilizia di estrema essenzialità:
Comes Philippus de Civitate sicut dixit Guarmundus filius Gualterii habet in demanio Campummarinum quod est feudum sex militum, et Turribulum feudum quatuor militum, et Montem Corbinum feudum trium militum, et Petram feudum duorum militum, et Vulturariam feudum duorum militum, et Tufaram feudum unius militis, j et Liciam feudum duorum militum, et Macclam feudum duorum militum, et medietatem Castelli Veteris feudum unius militis, et Sanctum Johannem Maiorem feudum duorum militum. Summa totum demanium predictum feudum (militum et augmentum) est triginta duorum militum. Una inter feudum et augmentum obtulit milites sexaginta duos et servientes centum octoginta unum. Si necessitas fuerit in partibus illis quotquot habere poterit.

Dal Commentario al Catalogo di Errico Cuozzo ricaviamo alcune notizie sul titolare del feudo e sappiamo che PHILIPPUS era conte di  CIVITATE, ed era feudatario in capite de domino Rege di Campomarino, Tertiveri, Motta Montecorvino, Pietra Montecorvino, Volturara Appula, Tufara, Riccia, Macchia Valfortore, di metà di Castelvetere in Val Fortore, Sanctus Johannes maior; Civitate, Mons Odorisius, Mons Rotarus, Mons Ylaris, Deliceto.

Il 25 febbraio 1178 Filippo era già morto. Il figlio Enrico, suo successore, con la moglie Sika, riceveva dal vescovo Rao di Volturara Appula la chiesa di S. Spirito, sita nelle pertinenze di Celenza.

Nell’aprile del 1180 il conte Enricus dei et regia gratia Civitatis Comes et Dominus Civitatis Montis Corvini si definisce olim domini comitis Phihppi bone memorie filius.

Nel dicembre del 1180 il conte Enrico, salute anime patris nostri Comitis Filippi felicis memorie fa una donazione alla chiesa di S. Maria in gualdo de mazocca.

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Certamente qualche approfondimento sulla concessione di Tufara dovrà essere fatta perché in altro luogo dello stesso catalogo risulta che Drumanus tenet Tufaram feudum unius militis et cum augmento obtulit militem unum.
E più avanti di nuovo appare il feudo di Tufara  che Dominus Riccardus Mathiani tenet Tufariam et Montem Rotarum que sunt pheudum duorum militum.

Ma la notizia che certamente garantisce una ben organizzata comunità di Tufara si ricava dallo Statuto sulla riparazione dei castelli del 1270 dove è riportato l’elenco dei feudi che contribuivano alla riparazione dei castelli imperiali: Terra Laboris et comitatus Molisii. Nomina castrorum imperialis iusticiariatus Terre Laboris et comitatus Molisii et nomina terrarum iusticiariatus eiusdem, per quas castra ipsa possunt et debent reparari.

L’elenco è particolarmente utile per capire in quale modo si sia concretizzata la strategia difensiva del regno.

Nel territorio molisano alcuni castelli vengono individuati come fondamentali proprio per la loro posizione strategica che determinò di conseguenza un rapporto subordinato di molte strutture militari preesistenti, in sostanziale continuità con la politica sveva.

La comunità di Tufara era associata a quelle di Montefalcone e Castelvetere per contribuire alla riparazione di una non identificata Domus Girofalci e del castello di Castelluccio Valmaggiora a Est di Tria: Domus Girofalci, castrum Castellucii possunt reparari per homines Castellucii, Castri Veteris, Montis falconis, Tufare.

Avremo modo di tornare sulle evoluzioni architettoniche del castello di Tufara che oggi appare fortemente caratterizzato dagli ampliamenti che vengono attribuiti a  Decio Crispano, ma che potrebbero essere anche più antichi.

L’utilissimo Masciotta ha ricostruito le vicende feudali di Tufara (G.B. MASCIOTTA, Il Molise dalle Origini ai nostri giorni, Vol. II, Napoli 1915, pp 401-2):
Nei primissimi anni del secolo XIV Tufara era stata ceduta alla famiglia Gambatesa, comitale di Campobasso, che ne fu signora insino al 1465. In tale anno per le vicende politiche del titolare, le quali sono esposte nella mon. di Campobasso, Tufara venne incamerata nel demanio.
Con R. R. del 13 marzo 1465 Ferrante I d’Aragona concesse Tufara in feudo a Giovanni della Candida.

La famiglia della Candida (diramazione della Filangieri) aveva vestito l’abito di Malta nel 1424. Giovanni (marito di Vannella o Giovannella Monforte) morì nel 1494, lasciando tre figlie femmine avute da tali nozze: Lucrezia, Eleonora, e Beatrice.
Lucrezia primogenita fu l’erede per Tufara. Ella fu moglie a Giovanni de Cuncto, patrizio amalfitano, e morì senza prole nell’agosto 1512.
Eleonora le fu erede (consorte di Buffillo Crispano), la quale mori nel 1531.
La famiglia Crispano, feudale di Laterza in Basilicata e poi pur di Fragneto Monforte, apparteneva al patriziato ed era ascritta al Seggio di Capuana, forse fin dai tempi di Roberto d’Angiò.



Decio Crispano, prole di Buffillo e di Eleonora, fu l’erede materno per Tufara, e morì nel 1559. Nel palazzo marchesale, che tuttora sussiste nell’ abitato, évvi allo spigolo l’arma dei Crispano col leone fiancheggiato dalle lettere D. e C. E’ la sigla di Decio Crispano, non sappiamo se edificatore o soltanto restauratore dell’edificio.
Erede di Decio fu il figlio Boffillo, in vita nel 1586; e successore di Boffillo juniore il proprio primogenito, del quale ignoriamo il nome, pur sapendo che conseguì il titolo marchesale sul luogo.
Dianora Crispano (forse figliuola di lui) alienò il feudo nel 1629.

La famiglia Crispano si estinse, per via femminile , nei Caracciolo principi di Avellino, ed aveva per arma uno scudo spaccato: nel primo di azzurro al leone uscente di oro , nel secondo di rosso col capriolo di oro.

Acquirente di Tufara – per 31.000 ducati – fu Antonio Carafa.
Camillo Carafa, erede di Antonio, vendè Tufara a Cesare Pignatelli nel 1636.
Cesare Pignatelli, dopo alcun tempo, alienò il feudo in favore di Paolo Ruffo; ma la vendita fu revocata in via giudiziaria, e Tufara tornò in dominio dei Pignatelli nel 1667, i quali ne furono signori fino all’eversione della feudalità, e cioè per centoquarant’anni senza interruzione alcuna.
L’ultimo titolare della stirpe per Tufara fu Francesco Pignatelli, marchese di Casalnuovo
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Join the discussion 4 Comments

  • Mirna Milandri ha detto:

    Vorrei segnalarle un libro su Tufara CB si tratta di un romanzo tratto da una storia vera e descrive con ampiezza di particolari il paese.

    Titolo Il segreto del nocciolo di ciliegia : Tufara
    si trova su http://www.ilmiolibro.it
    Verrà presentato in Agosto a Tufara
    Saluti

  • Carmelo S. FATICA ha detto:

    La bella foto del profilo, non mi piace “skyline” o “silhouette”, della guglia del campanile di Tufara che si staglia nel cielo, ancora una volta, se ve ne fosse bisogno, ricorda uno dei ben definiti valori angolari assegnati alle cuspidi di questi manufatti, non da Paolino di Nola in poi, ma addirittura risalenti alle costruzioni di templi solari (Eliopolis) ed agli obelischi dell’antico Egitto. Una TRADIZIONE collegata al cosmo, ormai ignorata dai cosiddetti “progettisti” di edifici di culto, più simili ad hangar che a chiese. Il commento, estraneo all’articolo, credo però sia appropriato per riflettere, sull’unitarietà paesaggistica, tra l’elemento verticale della torre campanaria ed il castello circostante.

  • pasquale clemente ha detto:

    gentile professore
    vorrei conoscere il nome di qualche sua pubblicazione e dove prenderla?

  • Franco Valente ha detto:

    Gentilissimo dott. Pasquale,
    purtroppo la distribuzione dei miei libri è complessa. Comunque, è impossibile trovare le vecchie edizioni perché completamente esaurite (anche se con tirature sempre superiori alle mille copie…).
    Attualmente l’unico volume che ancora si trova (a Campobasso – Viglione o Mondadori/La Scolastica- o a Petrella) è “Le pietre parlanti di S. Giorgio a Petrella Tifernina”.
    Grazie

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