Sembra che un giorno a Campolieto vi sia stata un’esplosione e che alcune pietre siano finite miserevolmente qua e là a raccontare la propria storia.
Qualcuna a malapena si riconosce nel mare delle trasformazioni dell’antico castello, ora detto, con un po’ di fantasia, “palazzo ducale”.
Qualche altra ha subito una damnatio memoriae con la cancellazione delle insegne che ne caratterizzavano lo scudo. Una è finita a fare da cordolo per un marciapiede. Altre sono disperse per il paese.
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Particolarmente interessanti sono due architravi delle finestre del palazzo e di una casa che sta nelle sue vicinanze dove appare lo stemma partito, con le insegne dei di Capua e degli Arcamone.
Quello dei di Capua è di oro alla banda di argento gemellata di nero. Quello degli Arcamone è spaccato, nel primo d’azzurro, all’arco sostenuto da due colonne, coronato e accostato da due bisanti di oro, nel secondo fasciato d’oro e d’azzurro.
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Sulla stessa facciata e sull’ingresso di quello che fu il piano nobile più volte vengono ripetute le insegne del capostipite dei di Capua.
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Ragionevolmente possiamo ritenere che gli stemmi più antichi siano riconducibili a quell’Andrea di Capua che ottenne una notevole quantità di feudi nel territorio che corrisponde all’attuale Molise all’inizio del XVI secolo.
Questi, con la restaurazione della monarchia aragonese, ebbe non solo il titolo di Duca di Termoli ed utilista di Guglionesi e S. Martino in Pensilis, ma fu anche Conte di Campobasso e di Montagano. Riconoscimenti che gli derivarono proprio dalla sua fedeltà alla causa aragonese. Anzi, più che la sua fedeltà, determinante era stato l’eroismo di suo fratello.
Ferdinando II, infatti, fu particolarmente grato ad Andrea di Capua perché il fratello di costui, Giovanni, aveva perso la vita nella disastrosa battaglia di Seminara per proteggere quella del sovrano, con esempio molto memorabile di pleclarissima fede ed amore.
Così Giuliano Passero: io non ve dico la prodezza, et animo grande che ha mostrato lo signore re in questo di, che parea che fosse resuscitato quillo grande Ettore de Troia pensati che l’ammazzaro lo cavallo sotto dove Johanne de Autavilla di Capua vedendo lo signore re a piede et che steva intorniato da multi franzisi se buttai dentro dove era lo signore re, lo quale vedendosi abbandonare dalla gente sua se salvai per non essere ammazzato, et cosi male in ordine montai sopra l’armata per venire la volta in Napoli.
Andrea, dunque, proprio per il sacrificio eroico del fratello che era morto per dare il suo cavallo al re che ne era rimasto privo mentre era circondato dai nemici, ebbe molteplici incarichi e non solo a corte. Notar Giacomo, un suo contemporaneo, riferisce che a di XVIII de magio 1510 se partio dalla città de Napoli lo illustre Signore Andrea di Capua Duca de Termene per ordene de la Maestà del Signore Re. Capitano de 400 homini d’arme et se diceva che andavano alla cesarea Maestà.
Nel 1511 il papa Giulio II, che era alleato del re di Napoli, gli conferì il titolo di Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa e l’incarico di Capitano Generale delle truppe che avrebbero dovuto combattere i francesi in Romagna. Incarico che non riuscì ad espletare perché, proprio mentre si recava ad Imola per assumere il comando, a Civita Castellana fu colpito dalla peste (secondo Ammirato) o addirittura avvelenato per invidia (secondo Giuliano Passero) e morì. Il corpo, trasportato a Napoli, fu tumulato nella Chiesa di S. Maria del Popolo agli Incurabili dove ancora è il suo busto, opera di Giovanni Miriliano da Nola, postovi dalla moglie Maria d’Ajerba circa venti anni dopo la morte.
Tra i feudi che furono nel dominio di Andrea vi era anche Campolieto che, alla sua morte, passò al figlio Ferrante. Costui il 31 luglio 1512 cedette Campolieto e Montagano a suo zio Annibale, fratello del padre Andrea.
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Annibale di Capua aveva sposato Lucrezia Arcamone. Il matrimonio di Annibale con Lucrezia è attestato nei due stemmi che appaiono sulle due finestre della facciata principale del palazzo ducale.
Non sappiamo se sia stato lo stesso Annibale che abbia ordinato l’esecuzione delle due insegne oppure uno dei suoi figli.
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Annibale e Lucrezia ebbero tre figli. Il primo fu Vincenzo che noi già conosciamo per aver commissionato le pitture del castello di Gambatesa e per aver sposato Maria di Capua, sua nipote, che era figlia di Ferrante di Capua (che aveva venduto il feudo a suo padre).
Vincenzo ereditò il feudo di Campolieto nel 1530, alla morte del padre, ma lo tenne fino al 1550 (anno in cui Donato Decumbertino stava facendo le pitture a Gambatesa) quando lo cedette a suo fratello Pietro Antonio che era vescovo di Otranto dal 1536 all’età di 23 anni.
Pietro Antonio di Capua ebbe una storia personale complessa per una serie di posizioni che lo fecero sospettare di eresia essendosi schierato apertamente per i valdesi e per essere intervenuto in maniera determinante nel concilio di Trento, ma sempre sospettato dalla curia romana.
Per tutta la vita fu legato al fratello Vincenzo, ai suoi figli dopo la morte della cognata Maria e al marito dell’altra cognata Isabella, Ferrante Gonzaga.
Pietro Antonio tenne pochissimo il feudo di Campolieto che cedette all’altro fratello Giantommaso.
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A Giantommaso viene attribuita la fine del potere dei di Capua nei feudi di Campolieto e Montagano perché, pieno di debiti, li cedette al figlio Andrea che nulla poté quando il Real Consiglio li mise in vendita e furono acquistati da Fabio Carafa della Stadera nel 1584.
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All’indebitamento di Giantommasi probabilmente contribuì anche la ricostruzione del palazzo ducale che, come segnala la spalletta del bel portale principale, fu realizzato nel 1551.
Di Fabio Carafa, morto nel 1593, sopravvive lo stemma finito a fare da cordolo al marciapiede che fronteggia il palazzo di cui fu orgoglioso titolare.
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