E’ di Bartolomeo di Capua, il grande giurista angioino, lo stemma sulla porta “da basso” di Sepino
Franco Valente
A volte un errore araldico può portare a dare definizioni poco compatibili con la storia oggettiva di un paese.
Un caso esemplare è l’attribuzione ai de Molisio di uno stemma che si trova al disopra del concio di chiave della porta “da basso” del nucleo antico di Sepino.
Da tempo gli storici locali hanno impropriamente assegnato ai de Molisio la titolarità di una porta che all’epoca dei conti normanni non solo non poteva esistere, ma soprattutto non poteva avere quelle caratteristiche architettoniche che appartengono ad un periodo che non può essere anteriore al XIV secolo.
D’altra parte l’esame del blasone che fa bella mostra di sé garantisce in maniera inequivocabile che quello stemma debba ricondursi ad un’epoca molto precisa, compresa tra il 1309 ed il 1386 quando il feudo di Sepino appartenne ai di Capua.
E’ indiscusso infatti che il blasone che sopravvive a Sepino sia quello dei di Capua che, notoriamente, è formato da un campo d’oro alla banda di argento gemellata di nero.
Si tenga presente che in araldica, quando si descrive uno stemma, la destra e la sinistra vengono definite da chi si pone dietro lo scudo.
La “banda” è una cosiddetta pezza onorevole posta diagonalmente dal cantone superiore destro dello scudo (a sinistra per chi guarda) al cantone inferiore sinistro (a destra per chi guarda), occupandone quasi la terza parte.
Quando alla banda se ne aggiungono altre due (una per lato) di spessore complessivo pari alla banda centrale, la medesima si dice gemellata.
Nel nostro caso, essendo il blasone scolpito sulla pietra, non presenta colori. Ma la banda gemellata nella nostra regione non può essere che quella dei di Capua non essendovi mai stati altri feudatari aventi un blasone con una banda dalle medesime caratteristiche.
Lo stemma dei de Molisio, invece, è ben conosciuto perché è d’oro alla sbarra d’azzurro.
Orbene la “sbarra” è, come chiarisce Guelfi-Camajani, l’opposto della banda, stendendosi essa dal lato superiore sinistro (destro per chi guarda) al lato inferiore destro.
Perciò non esiste alcuna possibilità di attribuire quello stemma della porta di Sepino ai de Molisio.
Ma a parte la questione araldica, i caratteri trecenteschi dello stemma di Sepino sono certamente evidenti e le vicende storiche lo confermano.
Per capire qualcosa dobbiamo ritornare al periodo angioino quando sul trono di Napoli sedeva Roberto d’Angiò che ebbe nel suo regno due grandi giuristi, amici tra loro ma reciprocamente anche grandi avversari: Andrea d’Isernia e Bartolomeo di Capua.
Sono note le dispute tra Andrea e Bartolomeo, ma non ci interessano in questo momento.
Bartolomeo di Capua nel 1314 aveva fondato in Napoli il Monastero dei PP. Verginiani di Montevergine, costituendo per esso sostanziose rendite. In quel periodo aveva pure finanziato il portale, il prospetto e l’apparato scultoreo della chiesa di S. Domenico a Napoli.
A Bartolomeo, oltre il feudo di Riccia, Roberto d’Angiò aveva assegnato anche il feudo di Sepino che era stato demaniale fino al 1309 e che rimase nel possesso della sua famiglia fino al 1386.
Dunque lo stemma trecentesco che appare sulla porta da basso di Sepino è quello che appartenne al grande giurista angioino.
Il Masciotta ha ricostruito anche gli avvenimenti successivi al 1386, quando il feudo di Sepino fu da Carlo III di Durazzo assegnato a Jacopo Cantelmo. Dopo una serie di passaggi, Giovanna II (1414-1435) confiscò Sepino al Duca di Sora e la diede a Luigi di Capua d’Altavilla, titolare di Riccia, figliuolo di Andrea e della infelice Costanza di Chiaromonte, già regina di Napoli.
Sepino tornò, così, feudo della casa di Capua, la quale ne conservò il dominio sino al 1553.
Qualche anno dopo Giovanni di Capua ricomprò Sepino per cederlo con altre terre al proprio suocero Scipione Carafa per 50.000 ducati il 18 dicembre 1566.
Un altro scudo con l’emblema di Bartolomeo di Capua si trova su una pietra erratica che sicuramente una volta era sulla facciata del Castello il cui impianto è del tutto inglobato nel palazzo in cui oggi è allocato il Municipio.
Avremo modo di tornare sull’argomento, perché tutta la struttura muraria di difesa della città di Sepino va ricondotta proprio all’epoca di Bartolomeo di Capua per una serie di motivazioni che riportano al dominio di Roberto d’Angiò la riqualificazione di buona parte delle cinte urbane turrite del territorio molisano.