Nel 1531 la terra di S. Polo è citata in un rilievo dei beni appartenuti a Enrico Pandone prima della confisca seguita alla sua decapitazione per alto tradimento quando lasciò Carlo V per schierarsi con i Francesi.
Dopo la confisca i beni furono venduti dalla Regia Corte, S. Polo fu acquistato da Camillo Gaetani e tenuto dal 1531 al 1532. Il feudo sicuramente subì la stessa sorte di altri feudi dei Pandone passando nelle mani di Francesca Mombel, vedova del vicerè di Napoli Carlo Lannoy, che lo aveva acquistato, e successivamente al figlio Filippo nel 1552 e al nipote Carlo nel 1553 e infine al di lui fratello Orazio nel 1568.
Masciotta, riprendendo da Lorenzo Giustiniani, attribuisce successivamente il feudo di S. Polo ai Mormile e poi ai Filomarino, succeduti ai di Costanzo che erano stati signori di Boiano.
In altri termini S. Polo, proprio per il suo carattere di assoggettamento alla cattedrale, ha subito le stesse sorti feudali di Boiano con l’obbligo dei suoi feudatari di corrispondere annualmente alla mensa vescovile una sorta di risarcimento disposto da Alfonso d’Aragona a far data dall’usurpazione fatta da Francesco Pandone.
Oggi del castello di S. Polo rimangono pochi ruderi ormai inglobati negli edifici che nel tempo si sono impiantati sulle strutture murarie sopravvissute. Non è facile capire da quel poco che rimane quale fosse il suo sviluppo planimetrico. Sul lato nord orientale del paese rimane una torre circolare nella cui base, mediante una breccia di epoca relativamente recente, è stato ricavato un passaggio. Sembra però che non si tratti di una torre del castello vero e proprio quanto piuttosto uno degli elementi di raccordo della cinta muraria urbana realizzata in quella parte del paese che era più vulnerabile. Ad essa dovevano attaccarsi, da un lato e dall’altro, due tratti di muro che costituivano parte della difesa che probabilmente conteneva una delle due porte. Quella che in genere viene definita come porta da capo, presumibilmente posta nelle adiacenze della chiesa di S. Nicola che, per essere dedicata al patrono della comunità, certamente è la chiesa più antica del nucleo.
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La chiesa di S. Pietro in Vincoli a S. Polo Matese
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Una seconda torre, invece, per essere stata trasformata in campanile della contigua chiesa di S. Pietro in Vincoli, probabilmente era parte del castello. Ciò che rimane di una base di torre circolare, sul lato sud occidentale, può in qualche modo farci ritenere che una delle facce del quadrilatero del castello corrispondesse in linea di massima all’allineamento dell’attuale facciata della chiesa di S. Pietro in Vincoli che, ovviamente, nel XIV secolo ancora non esisteva.
La chiesa è stata trasformata più volte nel tempo ed ha perso quasi tutto della sua architettura.
Hanno un certo interesse al suo interno un fonte battedsimale e un’acquasantiera di cui si conosce nulla.
Il fonte battesimale di S. Pietro in Vincoli
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Ho cominciato a interrogare questo bel fonte battesimale della chiesa di S. Pietro in Vincoli a S. Polo Matese, ma non risponde.
Lo stemma a testa di cavallo è coevo della data 1552 che, incisa sulla cornice della vasca, ne certifica la nascita, ma le quattro lettere D.P.B.V.che sono intorno al tralcio di vite sradicato con due pigne d’uva e sei foglie non sono sufficienti a farci capire che sia stato il committente.
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Il fonte battesimale di S. Pietro a S. Polo
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A quell’epoca S. Polo apparteneva ai Lannoy che avevano comprato i feudi sottratti a Enrico Pandone per il tradimento che lo aveva portato al patibolo, ma non è il loro stemma (tre leoni coronati).
Non è manco lo stemma di un vescovo perché mancano le insegne episcopali.
Continuerò a interrogare questa bella pietra e prima o poi confesserà…
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L’acquasantiera dell’arciprete Ciocca del 1616
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Nella chiesa di S. Pietro in Vincoli vi è anche un’acquasantiera.
Ho interrogato anch’essa e una risposta mi è arrivata scavando nella memoria fotografica che ancora mi aiuta….
La fece fare l’arciprete don Paolo CIOCCA nel 1616:
1616 D. P.S CIOCCA ARC.PR. S.TI POLI
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Lo stemma dei Ciocchi nell’acquasantiera
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Al centro un rilievo piuttosto pronunciato mostra, all’interno di un cordone, una mano che tiene un capo tirato per i capelli.
E’ lo stemma “parlante” delle famiglia Ciocca o Ciocchi di Macchiagodena.
Lo stemma dei Ciocchi a Macchiagodena
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A Macchiagodena nel palazzotto dei Ciocchi lo stemma di famiglia ancora sopravvive sul portale e all’interno dell’atrio.
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Palazzotto Ciocchi a Macchiagodena